venerdì 21 marzo 2014
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Le parole e i segni contano molto per i mafiosi. Soprattutto certe parole e certi segni. Per questo, come hanno sottolineato ieri in molti, le parole di Papa Francesco e i segni della veglia di preghiera coi familiari delle vittime innocenti di tutte le mafie, sono di quelli che contano davvero. Anche per i mafiosi. E che resteranno. Quel “convertitevi ve lo chiedo in ginocchio” che ricorda l’appello di Paolo VI alle Brigate rosse. Quel cambiate vita, c’è ancora tempo per non finire all’inferno” che evoca il grido di Giovanni Paolo II nella valle dei templi. Quel rivolgersi “agli uomini e alle donne mafiose”. Ma anche quel ringraziare i familiari “per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi”. È il riconoscimento del lungo lavoro di Libera e del suo fondatore don Luigi Ciotti, quel cammino al fianco di tante persone, per trasformare il dolore in impegno, la memoria in cambiamento. “Giornata della memoria” nel primo giorno di primavera, quando il seme muore per far nascere il fiore. Come il seme di don Peppe Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra proprio venti anni fa, la cui stola è stata indossata dal Papa per la benedizione finale. Un segno altamente simbolico, don Peppe ucciso dai killer mentre stava per celebrare la messa ricordato dal Papa, con questo gesto simbolico, in un momento di preghiera. Come i volti, le mani, il cuore che i familiari hanno offerto al Papa assieme alla volontà del cambiamento. Per un giorno protagonisti, in realtà protagonisti tutta vita. Portando nel Paese parole e segni di speranza. Quelli che i mafiosi temono. Oggi, dopo l’abbraccio e la fermezza del Papa, ancora di più.
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