Ansa
Vogliono «imparare cose nuove» (90%), «fare qualcosa di creativo» (85%) ed impegnarsi in attività «che stimolano la mia creatività» (76%). La voglia di essere protagonisti della scuola degli studenti italiani, emerge con forza anche dai risultati del rapporto Il pensiero creativo, realizzato, per la prima volta, nell’ambito dell’indagine Ocse Pisa 2022 sulle competenze dei quindicenni di 81 Paesi, i cui risultati italiani sono stati presentati dall’Invalsi.
Inserito tra le «competenze chiave» del 21° secolo, il pensiero creativo esprime la «capacità di generare idee innovative e di impegnarsi in modo produttivo nella formulazione, valutazione e miglioramento delle idee, per giungere a soluzioni originali ed efficaci». Competenze utili ad affrontare i problemi della vita quotidiana, che gli studenti italiani dimostrano di aver sviluppato con una certa efficacia, seppur lievemente inferiore rispetto alla media Ocse. Rispetto al punteggio massimo di 60, la media Ocse si attesta a 33 e quella italiana a 31, una variazione considerata «moderata» dai ricercatori dell’Invalsi, Margherita Emiletti e Riccardo Pietracci, che hanno presentato e analizzato i dati. Al primo posto si piazza Singapore con 41 punti e all’ultimo l’Albania con 12.
In Italia, oltre tre quindicenni su quattro (il 76% per l’esattezza) raggiunge il livello “base” nella capacità di sviluppare e utilizzare il pensiero creativo. Questi studenti, si legge nel rapporto, «sono in grado di generare idee appropriate per compiti espressivi e di risolvere problemi da semplici a moderatamente complessi, dimostrando anche la capacità di generare idee o soluzioni originali in contesti familiari». I top performers, cioè gli studenti che hanno raggiunto i livelli 5 o 6, sono il 22% del totale.
Anche in questo contesto, come avviene negli ambiti “tradizionali” misurati da Pisa (Matematica, Lettura e Scienze), sono forti le differenze territoriali, ma ancora più marcate risultano essere quelle tra le diverse tipologie di scuole. Così, se nel Nord-Est l’85% degli alunni di 15 anni raggiunge il livello base nel pensiero creativo, mentre nel Sud è del 64% (differenza di 21 punti), tra i liceali la percentuale che raggiunge almeno il livello base è dell’85%, mentre negli istituti professionali e nei centri di formazione professionale scende al 50% (differenza di 35 punti). Un dato che chiama in causa direttamente il ruolo degli insegnanti. Perché, come hanno spiegato i ricercatori dell’Invalsi, «il pensiero creativo può essere coltivato, insegnato e sviluppato in tutti gli studenti».
Un compito non facile, alla luce del fatto che, si legge sempre nel rapporto, «i 15enni di oggi si sentono meno creativi e meno consapevoli di sé rispetto a quando avevano 10 anni». Forse basterebbe che sentissero maggiormente la fiducia degli adulti per liberare il grande potenziale che hanno dentro e che anche Pisa 2022 rappresenta con dovizia di particolari.
Aiutare i ragazzi a prendere coscienza delle proprie potenzialità migliorerebbe anche i risultati scolastici, contribuendo a far scalare all’Italia posizioni nella classifica degli apprendimenti dei Paesi industrializzati. «Gli studenti con buoni risultati nel pensiero creativo – si legge ancora nel Rapporto dell’Ocse – tendono a eccellere anche nei domini tradizionali. Al contrario, quelli che non ottengono punteggi elevati in matematica, lettura e scienze sembrano riportare risultati generalmente più bassi nel pensiero creativo». In particolare, «in Italia, come a livello internazionale, una quota del 25% della varianza dei risultati nel pensiero creativo può essere attribuita unicamente alla varianza nei risultati in matematica, che risulta essere l’ambito tradizionale più correlato alla creatività». Nello specifico, in Italia, la correlazione tra rendimento in matematica e pensiero creativo è pari a 0,64, mentre quella tra rendimento in lettura e pensiero creativo è pari a 0,62 (medie Ocse: 0,67 e 0,66).
Come quella tra territori e tipologie di scuola, anche la differenza di genere è rilevante nella misurazione del pensiero creativo. Con una netta prevalenza delle ragazze, non soltanto in Italia, ma in tutti i Paesi Ocse coinvolti nell’indagine. In nessuno di questi, infatti, i maschi ottengono risultati superiori alle femmine. In Italia, la differenza è di 1,8 punti, mentre la media Ocse è di 3 punti.
«Alla luce di tutti questi dati – ha tirato le somme il presidente dell’Invalsi, Roberto Ricci – si aprono riflessioni importanti sulla didattica e su come si pone la scuola rispetto ai grandi cambiamenti in atto nella società».