Cambiano le sfumature, ma la sostanza è una: i partiti non sono convinti dell’agenda di Monti (sulla crescita) per arrivare a fine legislatura. O meglio, sulla concreta possibilità che la «lista delle intenzioni» sia davvero incisiva e si traduca in leggi e provvedimenti. Il Pd e l’Udc, con Pier Luigi Bersani e Lorenzo Cesa, usano toni soft («Ora serve passare ai fatti, la fiducia si conquista con la concretezza », dice il segretario democrat), in casa-Pdl il tasso d’insoddisfazione è invece già a livelli altissimi, vicini a quelli dell’opposizione leghista e dipietrista. Lo dimostra il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, dichiarando che il governo Monti «parla di crescita solo nei giorni festivi, mentre nei giorni feriali si dedica a marginali operazioni di
restyling», e lo dimostra anche il suo omologo al Senato, Maurizio Gasparri, mettendo all’indice i ministri che avevano profilato diminuzioni del carico fiscale su famiglie e imprese.Qualcuno parla di «libro dei sogni», altri sottolineano come il nuovo «tutore del rigore», il ministro del Tesoro Vittorio Grilli, sia trattato con meno durezza rispetto al suo predecessore Giulio Tremonti. Ma il fronte degli scettici è più ampio. I sindacati scaldano i motori in vista di un settembre in pressing. Il leader Cisl, Raffaele Bonanni, avverte: «Si, ci sono anche cose buone, ma senza un patto sociale non serviranno a nulla». La sua richiesta è ormai messa nero su bianco da diversi giorni: insieme agli imprenditori (gli unici, ieri, a mostrare aperture di credito verso l’agenda dell’esecutivo), il 5 settembre il governo dovrebbe incontrare anche le organizzazioni dei lavoratori. Proposta cui ora si associa anche il segretario Ugl, Giovanni Centrella. Mentre sul tema non si esprime Susanna Camusso. Insomma, il governo Monti sembra accerchiato, e la sensazione aumenta se si pensa alle proteste degli insegnanti precari contro il nuovo concorsone, o alle nuove perplessità di Regioni, medici, produttori di bibite sul "decretone Sanità", prossimo a sbarcare in Cdm. E altri polveroni sono pronti ad alzarsi nel momento in cui si entrerà nei dettagli della seconda revisione di spesa.
Palazzo Chigi sembra archiviare il fronte dei distinguo politici alla voce "campagna elettorale", ma non si nega che entro le prossime due settimane ci debba essere un nuovo giro di colloqui diretti con i leader di partito. Anche perché ciascuno di loro si fa portavoce di diverse priorità e deve mediare con le correnti interne. Bersani, interpretando il pressing dell’ala sinistra incarnata da Fassina, chiede tavoli sulla crisi, attenzione alle piccole imprese, calo delle tariffe, inasprimenti sull’evasione fiscale, rivisitazione con gli enti locali della spending review. Casini spinge su poche misure- simbolo per dare ossigeno alle famiglie. Il Pdl vorrebbe vedere qualcosa in più su credito bancario e Fisco.