sabato 23 novembre 2024
Lunedì il G7 dei ministri degli Esteri a Fiuggi per trovare una linea comune. Palazzo Chigi: vogliamo prima leggere le carte della sentenza della Corte penale internazionale
Meloni con Netanyahu

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Parole nette. Chiare. Un messaggio da un vicepremier a un altro vicepremier. «La politica estera si deve fare in maniera costruttiva. È una cosa seria. Ogni parola va pesata, ponderata, calibrata. C'è di mezzo un Paese. E quindi la linea viene espressa dal presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri». Antonio Tajani parla a Matteo Salvini. Per ripetere che le ultime parole del capo della Lega su Netanyahu potevano e dovevano essere evitate. Che irruzioni in campi di altri sono da evitare.

«Io tendo a evitare di rispondere a nome del governo su questioni legate alle competenze degli altri ministri», dice senza inutili diplomazie Tajani. La linea del governo è chiara. Lo sa anche Tajani. E per la verità l'aveva chiarito subito gettando immediatamente acqua sul fuoco ed evitando un caso Israele nel governo.

Ricostruiamo. È l'ora di pranzo di ieri. Il capo della Lega parla all'assemblea dell'Anci e "regala" una parentesi di politica estera. «...Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri...».

Dietro quelle parole prende forma un no alla decisione della Corte penale internazionale sull'arresto di Benjamin Netanyahu. Salvini dice di non voler entrare nel merito delle dinamiche internazionali ma di fatto lo fa. «Israele è sotto attacco da decenni, i cittadini israeliani vivono con l'incubo dei missili e con i bunker sotto le case da decenni. Adesso dire che il criminale di guerra da arrestare è il premier di una delle poche democrazie che ci sono in Medioriente mi sembra irrispettoso, pericoloso perché Israele non difende solo se stesso ma difende anche le libertà le democrazie e i valori occidentali. Mi sembra evidente che sia una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali».

Nelle ore che seguono si lavora per evitare che esploda un caso. Giorgia Meloni si muove in prima persona. E detta la linea che può essere riassunta in poche parole: discutere della sentenza della Corte penale internazionale sull'arresto di Benjamin Netanyahu al tavolo del G7 dei ministri degli Esteri a Fiuggi in scena lunedì e provare a concertare assieme agli alleati una linea comune. Insomma Meloni stoppa Salvini e fa sapere che il governo cerca di gestire il nodo sulla decisione dell'Aja sul leader israeliano - e sul suo ex ministro della Difesa Gallant - coinvolgendo i partner europei e occidentali. La linea di Meloni e la linea di Tajani. Palazzo Chigi e Farnesina parlano a una sola voce. E Tajani spiega: la posizione dell'esecutivo è che «vogliamo prima leggere le carte, capire le motivazioni della sentenza, ragionare su cosa sostiene la Corte... Noi riconosciamo e sosteniamo la Corte penale. Ma lo facciamo ricordando che deve avere sempre una visione giuridica e non politica. Nel pieno di una guerra di questa violenza il primo obiettivo degli Stati, e della Repubblica italiana, è quello di trovare alleanze politiche per fermare le morti a Gaza e in Libano, per ritornare a un percorso diplomatico. Noi dobbiamo portare la pace a Gaza, non dobbiamo credere che portare qualcuno in carcere aiuti la pace».

Una sentenza politica? «Stiamo dicendo, il presidente del Consiglio ed io, che una sentenza di questa portata ha un effetto politico profondo sulla gestione non di un confitto, ma della sua conclusione. Non è possibile equiparare e mettere sullo stesso piano il premier democraticamente eletto di Israele e un capo terrorista. Una cosa è sottolineare la sproporzione della risposta di Israele nella Striscia, su cui siamo tutti d'accordo. Altro è un mandato di cattura. Non ci sono tre posizioni. Ce n'è soltanto una: quella del presidente del Consiglio, concordata con il ministro degli Esteri». Il caso pare chiuso. Meloni non vuole fughe in avanti da nessun ministro e Salvini non è piaciuto. Vuole che sui dossier delicati (e non solo su quelli) il governo si esprima con un'unica voce. Ecco perché la premier, in vista del vertice di maggioranza convocato per lunedì, decide intanto di mettere nero su bianco quella che deve essere la linea di tutto il governo. Con Tajani e Meloni c'è anche il ministro della Difesa Guido Crosetto con una posizione ancora più netta: «La sentenza andrà rispettata». E Salvini? Lui è il primo ad aver capito: «Troveremo una sintesi il problema è a livello internazionale».

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