domenica 23 giugno 2024
«Il 2% in Difesa nemmeno nel 2028. Onu moribonda, per la tregua in Ucraina l’Occidente non basta. Difesa comune ora o mai più. Contingente in Libano, monitoriamo ora per ora»
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undefined - ANSA/CLAUDIO PERI

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Una strategia per la pace «forte quanto il sostegno all’Ucraina». Un’accelerazione netta - «adesso o mai più» - sulla difesa comune europea. E un’ammissione sul 2% di Pil in difesa: «Io penso che sia un obiettivo da raggiungere per il bene del Paese, ma alle condizioni attuali e con le regole europee attuali non ci arriveremo nemmeno nel 2028». Guido Crosetto, come suo costume, non si sottrae. È ministro della Difesa italiano in tempo di guerra. E sembra vivere quasi con inquietudine le sfide e le contraddizioni del suo mandato. «La sera capita che si va a dormire sconfitti, perché è passato un altro giorno in cui non si è riusciti a far valere la necessità del dialogo, ma il giorno dopo si ricomincia, nelle sedi internazionali dove è necessario far sentire la nostra voce. Lo so che può sembrare incomprensibile nella mia posizione, ma questo per me vuol dire essere “artigiano di pace”. Sento questa espressione ripetuta spesso dal Papa, fatta propria dal cardinale Zuppi, provo a interiorizzarla e a tradurla nel lavoro quotidiano, specie nel lavoro oscuro che nessuno vede, ma non è facile per niente... ».

Ministro però si continua a ragionare quasi esclusivamente di armi...

Dico sempre che non esiste e non doveva esistere solo la strategia di aiutare l’Ucraina fornendogli le armi per difendersi dagli attacchi russi, ma anche una strategia altrettanto forte e determinata per arrivare a una tregua, e sulla base di questa tregua costruire un tavolo che non solo porti alla cessazione del conflitto, ma anche all’applicazione del diritto internazionale. Perché se non si tornano ad applicare le regole per me sacre del diritto internazionale, e prevale la legge del più forte, il mondo è davvero in pericolo.

Sta dicendo che sinora non c’è stata una vera azione per la pace?

No, l’iniziativa in Svizzera dimostra che ci si sta muovendo. Ma la forza di un’iniziativa di pace non è determinata solo dalla volontà, ma anche dagli attori coinvolti. Non basta che a volere un tavolo sia una delle parti in conflitto o l’Occidente, tra l’altro percepito dalla Russia come il nemico. Dobbiamo coinvolgere i Brics, il Sud del mondo. India, Cina, Arabia Saudita, Brasile, Sud Africa... Certo, ci deve essere un forte protagonismo degli Usa e dell’Europa, anche se continuo a chiedermi se esista davvero un soggetto politico europeo... Ma il senso è che, con l’Onu moribonda e paralizzata dai veti, deve muoversi una comunità internazionale che davvero rappresenti i popoli del mondo.

La proposta di Putin è un ostacolo?

Non solo l’Ucraina non potrà mai accettare una proposta del genere, ma come ho detto prima sarebbe la fine del diritto internazionale e l’inizio della fine del mondo. Non è lo stato di fatto determinato dal più forte, da chi aggredisce, che può diventare il nuovo equilibrio.

Quindi?

Quindi ci vuole la politica, la politica nasce per fermare le armi. Coinvolgiamo in una strategia condivisa i principali attori globali. Non basta l’Occidente.

Lo dice perché l’Italia con i suoi problemi economici soffre in modo particolare questo contesto bellico? Di recente lei si è mostrato perplesso sia su nuove formule di finanziamento a Kiev sia sul 2% di Pil in difesa chiesto dalla Nato...

Io sono abituato a dire la verità ma nei contesti diplomatici internazionali non piace, dà scandalo. Gli italiani alla Nato non hanno mai detto la verità.

Si spieghi...

Io sono convinto che noi il 2% dobbiamo raggiungerlo. Se non lo raggiungeremo, è solo per le regole europee. Con garanzie Ue, noi non avremmo alcun problema a raggiungere l’obiettivo e non ci sarebbero ricadute sulle nostre finanze. È un paradosso: la stessa Europa che con la sua burocrazia impedisce all’Italia, a uno dei Paesi più importanti del mondo, di provvedere alla sua sicurezza, poi in altre sedi dice “andiamo al 3, 4, al 6, al 9%...”. Ad ora, nel 2025 non raggiungeremo il 2% e saremo tra i pochi Paesi del mondo a non riuscirci nemmeno nel 2028. E non credo che gli altri siano tutti fessi.

Serve lo scorporo degli investimenti?

Sì. Qualcosa con l’Ue si può già fare e lo faremo, ho già chiesto al ministro Giorgetti di attivarci in questa direzione.

Perché lei dice che il 2% serve? Serve la pace o il riarmo?

Il 2% non sono solo armi. Il 2% significa proteggere la nostra sicurezza economica. Significa affermare il nostro modello, che è un modello di pace apprezzato in tutto il mondo.

Che non riusciamo però più ad esprimere...

Si è mai chiesto perché l’Africa caccia gli europei tranne noi? Se noi investissimo in difesa potremmo cooperare con la gran parte dei Paesi del Sud del mondo, aiutandoli a costruire forze di sicurezza a servizio della democrazia. Ma noi abbiamo in Italia una politica stupida, miope, che su questi temi litiga anziché essere unita.

Lei dice che gli investimenti in difesa servono al Paese. Al mondo pacifista sembra che servano solo ai produttori...

La guerra non conviene a nessuno. E i bilanci dei produttori di armi saranno enormi nei prossimi 20 anni anche senza conflitti, per come si è messo il mondo. I bilanci dei produttori sono il sismografo, non il terremoto. Il terremoto sono le autocrazie che scatenano il terrore e che sfidano le nostre democrazie e il nostro sistema di valori. Sono le autocrazie che gonfiano i bilanci dei produttori di armi. Guardi alla postura di Iran, Russia, Cina...

Lei da mesi si mostra preoccupato per il contingente in Libano. Ci saranno novità alla luce delle ultime evoluzioni?

Il ritiro del contingente non dipende dall’Italia ma dall’Onu, ma noi monitoriamo ora per ora la situazione.

È possibile fermare Netanyahu?

Quando dico che spesso si finisce la giornata da sconfitti, mi riferisco anche a questo: ogni giorno gli diciamo che sbaglia e ho il dovere di dirglielo anche domani. Come è mio dovere ridire domani, per l’ennesima volta, che esiste un fronte Sud che diventerà un fronte di guerra più spaventoso di quello ucraino, se non interveniamo per tempo.

In questo contesto sulla difesa comune europea ci sono più chiacchiere che fatti, non crede?

Parliamoci chiaro: la difesa comune o si fa adesso o non si farà mai più.

Cosa si dovrebbe fare?

Copiare il modello di cooperazione della Nato. La difesa comune serve a rafforzare il pilastro europeo dell’Alleanza atlantica. Significa avere sistemi di difesa e forze armate nazionali in grado di agire insieme per difendere la sicurezza dei singoli Stati e dell’Europa intera.

Magari andrà lei a costruirla a Bruxelles...

Per carità, quantomeno questioni climatiche me lo impediscono...

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