La presentazione dell'iniziativa alla sala Nassirya di palazzo Madama
Don Oreste Benzi diceva sempre che «da quando l'uomo esiste, ha sempre organizzato la guerra. E' arrivata l'ora di organizzare la pace». L'associazione Papa Giovanni XXIII raccoglie il sogno del suo fondatore, nel decennale della sua scomparsa. E alla vigilia della campagna elettorale lancia una proposta che è provocatoria solo in apparenza. Perché esiste il ministero della Difesa e non il ministero della Pace? Un dicastero che si occupi di gestione dei conflitti sociali, promozione della difesa civile, realizzazione di politiche di disarmo e conversione dell'industria bellica, educazione alla nonviolenza. Un'idea che ha fondamenti giuridici nella Costituzione repubblicana, nelle Dichiarazioni internazionali e nel Trattato sull'Unione europea. E precedenti nel mondo: Costa Rica, Nepal e isole Solomon. Panama.
Giovanni Ramonda, presidente della Papa Giovanni XXIII, alla presentazione dell'iniziativa in Senato ricorda che «l'Associazione ha la pace nel suo Dna». Durante la guerra nell'ex-Jugoslavia, gli obiettori di coscienza in servizio presso l'Associazione andavano senza autorizzazione ministeriale ad assistere la popolazione civile in Bosnia e Croazia, anticipando con l'Operazione Colomba quello che poi è stato regolarizzato come servizio civile all'estero e Corpi civili di pace. «Siamo presenti in 42 paesi, tra cui l'Irak, il Libano, la Colombia dove abbiamo conosciuto gli effetti della guerra. Don Benzi era un sognatore, ma tanti suoi sogni sono diventati realtà. L'istituzione di un ministero della Pace è oggi più che mai urgente, per fare scelte di educazione alla pace. preparando i giovani, ma anche gli eletti in Parlamento». Scelte che si dovranno concretizzare nella «riconversione delle fabbriche di armamenti, riducendo le scandalose spese per la Difesa, mentre c'è chi è privo del necessario per vivere». Ramonda chiede anche la trasformazione del servizio civile universale da volontario in obbligatorio, «perché i giovani diano un anno per il bene comune». Proposta che vede d'accordo Francesca Puglisi, deputata dem che sottoscrive la proposta del nuovo ministero: «Non è una provocazione, ma una proposta che si può concretizzare in modo fattivo, un impegno che deve attraversare la politica».
«Se la costruzione della pace è un compito delle istituzioni - dice il vicepresidente dell'Azione Cattolica Michele Tridente - da questo ruolo non possono prescindere i corpi intermedi e i cittadini. Un ministero della Pace dovrà avere compiti di coordinamento, per organizzare il bene mettendo assieme le tante forze positive del Paese, a partire dal servizio civile. Per l'Azione Cattolica è un dovere, da 150 anni promuove la cultura del rispetto dei diritti umani e della nonviolenza. Partendo dalla cultura della legalità. E la scuola è un luogo nodale per educare alla gestione dei conflitti. Che non vanno evitati, ma gestiti col dialogo».
L'istituzione di un ministero della Pace, spiega Marco Mascia, docente in relazioni internazionali dell'Università di Padova, «ce lo chiede l'articolo 11 della Costituzione, sul ripudio della guerra. Ce lo chiedono i 380 mila giovani che hanno fatto il servizio civile dal 2001, i 6 milioni di volontari, i 600 comuni del Coordinamento enti locali per la pace, che rappresentano più del 40% degli italiani, le centinaia di scuole della rete per la pace, i milioni di migranti e rifugiati citati dal Messaggio per la Giornata della pace del papa per il 2018».
Gianfranco Cattai, presidente di Focsiv-Volontari nel mondo, cita le parole profetiche di paolo VI che 50 anni fa, nella Populorum Progressio, affermava che «lo sviluppo è il nuovo nome della pace» e che il tema dello sviluppo andava affrontato per scongiurare un grande afflusso di migranti dai paesi poveri. «Ma i paesi ricchi continuano a creare nuovi schiavi con la pratica del land grabbing, l'accaparramento delle terre da parte delle multinazionali». Don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi, sottolinea che «serve un ministero della Pace perché di fatto il ministero della Difesa è un ministero della guerra: la legge 185 sul commercio delle armi non viene rispettata con l'esportazione dall'Italia all'Arabia Saudita di carichi di bombe prodotte in Sardegna, per distruggere e uccidere nello Yemen. Io abito a Cameri, dove si fabbricano i caccia F35 da 130 milioni l'uno. La spesa per la Difesa ammonta a 64 milioni di euro al giorno. E facciamo tornare i nostri soldati dall'Irak per mandarli in Niger per fermare i migranti».
A sostenere l'iniziativa c'è l'attore Beppe Fiorello, che nella sua filmografia ha interpretato spesso ruoli di personaggi impegnati civilmente. «Una proposta visionaria? Forse - dice - ma ho sempre amato i visionari e i sognatori, che non hanno un'idea del mondo solamente tecnica e monetaria. Nella politica mancano visione del mondo più umana e meno incline al business». E annuncia il suo interesse professionale per la figura di Domenico Lucano, il sindaco di Riace che ha ripopolato e fatto rinascere il suo paese aprendo le porte ai migranti.