Una illustrazione che rappresenta il Centro Sos di Torino - www.centrososorfani.it
Trovare aiuto. Subito, dal giorno dopo in cui mamma è stata uccisa da papà. Ma anche due, tre, cinque anni dopo, quando si è realizzato quel che è successo, si fatica a superare il trauma, si vorrebbe provare a ricostruirsi una vita e il passato lo impedisce. Trovare aiuto come orfani, ma anche come nonne affidatarie, come zii, come insegnanti, come psicologi, come avvocati persino. Perché dei figli dei femminicidi , quelli che sopravvivono alla violenza più grande che si possa immaginare (la madre ammazzata, il padre suicida o in carcere a vita), non si occupa nessuno ancora, in Italia, e quell’aiuto serve.
Per costruirlo da zero la fondazione “Con i bambini” ha lanciato un bando, un anno fa, chiamato “A braccia aperte” e dopo mesi di confronto e lavoro in rete ha individuato quattro progetti da Nord a Sud, stanziando 10 milioni di euro per trasformarli in realtà. Oggi uno di quei progetti prende la forma di un centro, a Torino, il primo di questo tipo nel nostro Paese: gratuito e aperto agli orfani, prima di tutto, che in Italia sono (sotto)stimati in 2mila, ma crescono di 250 all’anno, e «che qui, per quanto riguarda il Nordovest (cioè le regioni Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, ndr) potranno trovare sostegno psicologico, legale, educativo – spiega la responsabile del progetto e presidente della rete dei Centri antiviolenza Emma onlus, Anna Maria Zucca –. Ma anche ai legali che patrocinano orfani e orfane di femminicidio, così come alle operatrici e agli operatori dei centri antiviolenza, delle comunità per minori, degli enti per la formazione e per l’avviamento al lavoro che sono coinvolti nel progetto, 14 su tutto il territorio di nostra competenza».
Il Centro S.o.s. (Sostegno orfani speciali, appunto), in via Nota 5, seguirà i casi da vicino insomma, accompagnandoli passo a passo, ma raccoglierà anche la grande sfida della formazione. Che poi è quello manca drammaticamente nel nostro Paese, oltre a una rete pubblica in grado di farsi carico di questi casi, a un coordinamento fra i servizi, a un’anagrafe e un osservatorio del fenomeno. «Sono gli obiettivi a cui puntiamo: perché solo cominciando a lavorare nel vivo di questi drammi potremo arrivare a mettere a sistema i bisogni e le risposte che vanno date agli orfani speciali» continua Zucca.
Molto più complesse dei 300 euro al mese stanziati dalla legge approvata nel 2018, salutata dal mondo politico come una conquista epocale e tuttavia così poco risolutiva: dai 12 ai 18 mesi il tempo necessario a una famiglia per avvalersi dei suoi benefici, comunque solo fino ai 18 anni e solo per chi orfano lo è diventato dopo il 2010. Come complicare le cose, invece che semplificarle. Al Centro S.o.s. di Torino da oggi invece tutto sarà facile: porte aperte tre ore al giorno dal lunedì al venerdì, un numero di emergenza sempre operativo (366.4607803), un sito (centrososorfani.it) con una community dedicata alle famiglie degli orfani e una agli stessi orfani, un filo diretto con le autorità (dal Comune alla Prefettura fino ai Tribunali per minori), doti educative flessibili per permettere la ripresa o la continuazione di percorsi di studio, persino un progetto di housing (con delle case messe a disposizione da partner e sponsor) legato a tirocini lavorativi. E poi uno spazio culturale di confronto per “contagiare” la città con percorsi di parità di genere, a cominciare da una biblioteca riempita di testi e albi illustrati, “liberi” da stereotipi e pregiudizi e selezionati dalla pedagogista Irene Biemmi, a disposizione per letture di classe o individuali.