domenica 9 febbraio 2025
Il 14-15 febbraio il primo incontro nazionale degli amministratori cattolici. La presentazione dei due principali animatori della rete.
«Rete di Trieste: un servizio generoso per aiutare la politica a ritrovarsi»

Agenzia Romano Siciliani

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Sono sempre i primi ad accorrere quando si presenta un’emergenza, a cercare risposte per i cittadini più vulnerabili, a conoscere le mille storie di solitudine degli anziani. Sono i sindaci, gli assessori, i consiglieri comunali, i militanti dei partiti e delle liste civiche, accomunati da una ispirazione cristiana e una tensione verso il bene comune. Operano nei contesti locali più disparati, formando un patrimonio di competenze e passione il cui potenziale rimane ancora in gran parte inespresso. Questo potenziale va oltre la dimensione locale, perché l’amministratore, con la sua capacità di affrontare i problemi a partire dalla vita concreta delle persone, può rivelarsi un antidoto potente alla polarizzazione esasperata che caratterizza il dibattito politico nazionale e internazionale.

Da Trieste a Roma

A Trieste, al termine della Settimana Sociale dello scorso luglio, un gruppo di questi amministratori ha dato vita a una proposta nuova e audace: ha immaginato un percorso trasversale, libero e originale, capace di superare le divisioni politiche tradizionali. Più le sfide si fanno grandi, più è necessario sviluppare strumenti di collaborazione. Quella che monsignor Renna definì una «sorpresa dello spirito» è emersa grazie a un cammino preparatorio innovativo e coraggioso, in un clima di speranza che ha pervaso i delegati riuniti a Trieste.

A breve, questo progetto vivrà una tappa fondamentale: il 14 e 15 febbraio, oltre 300 amministratori provenienti da diverse formazioni politiche si ritroveranno a Roma, alla Domus Mariae, per il primo incontro nazionale. Non si tratta di fondare l’ennesimo partito o una nuova corrente, ma di favorire una “costituente” per il bene comune, un patto di uomini e donne di buona volontà, giovani e adulti, pronti a mettersi in gioco. L’obiettivo è affrontare con serietà e passione i veri problemi del Paese, attraverso azioni concrete, guidati da ideali forti, ma senza cadere nelle trappole delle ideologie elettoralistiche.

Trasversalità e concretezza

Il programma, frutto di numerosi incontri regionali (oltre 600 amministratori si sono iscritti alla “rete di Trieste”) e di confronti con associazioni e movimenti, si basa su due principi fondamentali: trasversalità (politica, partitica, culturale) ed esperienza concreta. Il metodo che guiderà questa iniziativa è quello di Trieste: un dialogo serrato, orientato a prendere l’iniziativa, a diventare protagonisti e non spettatori, riscoprendo il piacere di discutere e partecipare, che sembra ormai perso anche all’interno dei partiti.

L’obiettivo è creare uno spazio aperto dove discutere di progetti, superando le barriere delle coalizioni e le polarizzazioni che esasperano le posizioni e spesso impediscono anche ai cattolici di dialogare tra loro. La via del dialogo è la prima e più importante strada per riattivare la partecipazione. In un contesto in cui solo il 40% della popolazione vota e i corpi intermedi stanno scomparendo, la democrazia rischia di trasformarsi in una “democratura”. Impegnarsi per rinnovare gli strumenti della democrazia, restituendo loro credibilità, è un passo da compiere insieme.

Il prepolitico non basta

Perché intraprendere un cammino così impegnativo? Perché Trieste ha segnato una vera svolta, ha rappresentato un appello a chi è già impegnato e a chi sente nel cuore il desiderio di un impegno pubblico. La Settimana Sociale ha sancito la fine della retorica del prepolitico: ogni ambito di impegno, se sa coniugare azione e riflessione, se è inclusivo e trasformativo, è di per sé un terreno politico. A Trieste, gli amministratori hanno capito che le attività che nascono dal basso devono risalire la filiera politica e intrecciarsi con le politiche locali e nazionali. Le amministrazioni devono aprirsi a un ampio spettro di attivismo e impegno, mirando a una gestione condivisa e una progettazione partecipata, coinvolgendo le reti territoriali.

Lo stile del dialogo

Sappiamo che non tutti comprenderanno l’entusiasmo ideale di questo movimento. Il tradizionale “riflesso pavloviano” si fa sentire ogni volta che un gruppo di cattolici si ritrova per dialogare con rispetto e apertura. C’è chi vive di nostalgie, chi coltiva il sogno mai sopito di un nuovo partito. Tuttavia, è molto più complesso e coraggioso generare nuove condizioni di ascolto e condivisione, far innamorare i giovani della politica, recuperare il senso di una partecipazione collettiva. Per questo, a Roma, il 14-15 febbraio, tenteremo di piantare il seme di un nuovo stile: un impegno generoso e gratuito per la politica, sia territoriale che nazionale. Continuare sulla via del dialogo, organizzare la partecipazione, trovare linguaggi comuni e azioni condivise: è un obiettivo ambizioso, forse addirittura più importante che fondare un nuovo partito.

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