sabato 15 marzo 2025
Il senatore: il voto a Strasburgo ha mostrato perché l’Italia è marginale. «"Rearm" non è la difesa comune, però è un segnale: fra i carnivori non possiamo restare erbivori»
Il senatore Pier Ferdinando Casini

Il senatore Pier Ferdinando Casini - Imagoeconomica

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Senatore Pier Ferdinando Casini, cosa ne pensa del piano Rearm proposto dalla Commissione di Ursula von der Leyen? Faccio una premessa: quando ci chiediamo perché l’Italia ha un ruolo così marginale sullo scenario internazionale - risponde l’ex presidente della Camera -, il voto a Strasburgo ce lo ha spiegato più di ogni discorso. Tutti contro tutti, con le due coalizioni disomogenee, chi governa oggi e chi si propone di governare. In nessun Paese si è visto uno spettacolo simile, anzi in Germania abbiamo visto forze diverse come democristiani e socialdemocratici procedere all’unisono in questo frangente. Ciò dovrebbe indurre tutte le persone raziocinanti a una riflessione: la politica estera non è un accessorio, è un tema esistenziale per i partiti.

Lei come avrebbe votato?
Sì, senza dubbio. Come hanno fatto le famiglie politiche che hanno fondato l’Europa, popolari e socialisti. Una convergenza così convinta, malgrado i venti sovranisti, deve indurre a riflettere.

“Rearm Eu” non è però la difesa comune?
A parte il nome certo poco felice, sì, non è la difesa comune. Ma non era ipotizzabile che la si facesse in 48 ore dopo che se ne parla da decenni. È un piano migliorabile, ma la Von der Leyen ha voluto dare subito un messaggio chiaro, come già aveva fatto il francese Macron: in un mondo di carnivori non possiamo più essere erbivori. Se assistiamo impreparati al moltiplicarsi dei rischi, possiamo far crescere nei tiranni e nei malintenzionati l’idea che si possa affondare il colpo.

Non siamo vittime di un paradosso? C’è voluto Donald Trump, il nuovo presidente Usa, per far svegliare l’Europa.
Questo è vero. Ovvio che la politica di Trump crea in molti disgusto e in tutti perplessità, a partire dai dazi che vuole imporre, però questo effetto utile gli va riconosciuto. Già Obama e Biden ci avevano provato, ma Trump ci mette con più forza davanti alla realtà che gli Stati Uniti non sono più disposti ad accollarsi il grosso delle spese difensive dell’Occidente. Un tornante storico che ci fa tornare indietro alle parole che, dal suo Trentino, De Gasperi scrisse 70 anni fa a Rumor, vicesegretario della Dc, in cui dichiarava il suo sentirsi sconfitto per il no della Francia alla difesa comune europea.

E si deve a Trump pure se è cambiato il paradigma, per cui oggi non si parla solo di guerra e morti, ma pure di negoziati e tregua?
Inutile però arrampicarsi sugli specchi, non credo che l’Europa prima potesse fare da sé una mediazione vera, Putin non ci avrebbe ascoltati. Prima per la dipendenza energetica da Mosca, poi per l’inconsistenza militare va detto che l’Europa non ha avuto finora alcun peso reale. Non aveva alcuna carta, per dirla alla Trump. È questa la ragione per cui occorre cominciare in ogni caso a strutturarsi, sperando di superare i protagonismi nazionali.

Ha sbagliato quindi la segretaria Elly Schlein a far astenere i “suoi” del Pd?
Non mi permetto un giudizio sulla vita interna del Pd. Certo possiamo fare le anime candide qui a Roma, ma non possiamo scordare che stiamo in una comunità europea basata sul rispetto del diritto internazionale e sull’autodeterminazione dei popoli. E dove ci sono i polacchi e i baltici che il pericolo lo percepiscono alle porte.

Ha colpito anche l’astensione di FdI sul sostegno a Kiev.
Nella vicenda ucraina Meloni ha avuto l’atteggiamento giusto sin da quando era da solo all’opposizione, appoggiando su questo il governo Draghi. Adesso è entrata in una fase più silente, che è chiaramente d’imbarazzo, cercando di bilanciarsi fra una vicinanza a Trump e una non lontananza dall’Ue, perché sarebbe velleitarismo puro fare qualcosa di diverso. Ha visto Macron e Starmer assumere un ruolo di primo piano, e quest’ultimo mi fa davvero piacere perché possiamo dire “ Uk is back”. Anche la premier, tuttavia, può ancora divenire protagonista. E per questo dico che le opposizioni in questa fase storica così delicata dovrebbero spingerla a ciò, anziché ostacolarla.

Chi appoggia “Rearm” a volte dice anche che gli States non sono più un Paese amico. È giusto?
Pensare a un antagonismo Europa-Usa è demenziale. La chiusura da Washington del cosiddetto “ombrello” americano non deve comportare frizioni, bensì un dialogo nuovo. Gli Usa saranno sempre nostri amici. Poi, certo, bisogna andare senza timidezze davanti a Trump, che è un giocatore di poker. Senza dimenticare che se è vero che il problema primario per gli Usa sono la Cina, alla Casa Bianca temono anche che un’Europa “rifiutata” possa in futuro avvicinarsi a Pechino.

Cosa pensa dei ripetuti attacchi della portavoce Zakharova al presidente Mattarella?
Sono parole che non vale nemmeno la pena commentare. Siamo solo grati al destino e al Parlamento per averci dato un presidente della Repubblica che incarna al meglio l’unità della Nazione.

Non vede un pericolo anche nel far armare gli eserciti nazionali proprio ora che in Europa si stanno rafforzando le forze sovraniste?
L’osservazione è pertinente. La risposta migliore, però, è che bisogna fare di più per combattere i sovranisti. Fra i quali non a caso si annidano i maggiori sostenitori del Cremlino.

E non c’è da temere gli sprechi che potranno esserci dietro al piano Rearm?
Se mi domanda se non preferirei spendere questi soldi per sanità e scuole, certo che sì. Ma dobbiamo prima ancora chiederci quali servizi non hanno oggi in Ucraina. È un passaggio doloroso per noi ma è come quando, nella Prima Repubblica, davanti agli SS-20 sovietici il Parlamento disse sì agli euromissili, che erano strumenti di guerra sul nostro territorio. L’effetto fu, dopo l’accordo Reagan-Gorbaciov, il più lungo periodo di pace che si è avuto. Che poi il mondo cattolico, sulla scorta delle parole di papa Francesco e dei suoi predecessori, chieda il disarmo è logico.

Putin è una minaccia o bisogna dialogare con lui?
Siccome i vicini non ce li scegliamo, un dialogo dobbiamo averlo. Vedremo ora la sua risposta ai negoziati: per ora pare disponibile nella forma e deludente nella sostanza. È chiaro che il tema vero nella trattativa non è quello dei territori, ma delle garanzie da dare a Kiev per far sì che non ci siano nuove occupazioni tra 1-2 anni. Anche per questo serve una Ue più presente.

E l’ipotesi di affidare le nostre comunicazioni militari e diplomatiche ai satelliti di Musk?
Affidare le chiavi di casa a monopolisti e a gente che potrebbe ricattarci in futuro è sempre sbagliato. È un tema che va esaminato, spero in uno spirito d’interesse nazionale prima che di fazioni politiche.

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