Hervé Barmasse - Facebook
«Stiamo viaggiando su un camion che va a 200 all’ora e che non può arrestarsi appena si preme il pedale del freno. Quindi: se agiamo subito, magari riusciremo a vedere i risultati, ma se ritardiamo ancora gli interventi, poi non possiamo meravigliarci se accadono tragedie come quella di domenica sulla Marmolada».
Guida alpina del Cervino da quattro generazioni, Hervé Barmasse conosce l’alta montagna anche più delle proprie tasche. E perciò invita, anche a fare doverosi distinguo.
Come deve cambiare l’approccio turistico all’alta montagna dopo questo fatto?
La tragedia della Marmolada è sicuramente un campanello d’allarme importante. Però, va anche detto che, per fortuna, non su tutti i ghiacciai alpini capitano queste cose. È un evento fuori dal comune di cui non esiste uno storico, perché un fatto di questa portata e gravità non si era mai verificato. Da parte nostra, come guide alpine, oltre a piangere il collega morto domenica, confermiamo l’impegno ad accompagnare i clienti con la doverosa prudenza, che, anzi, dopo questo episodio sarà ancora maggiore.
Che cosa pensa dell’idea di chiudere la montagna?
Chiudere la montagna è sbagliato. È doveroso, invece, analizzare i dati che abbiamo a disposizione sullo stato delle montagne, affidandosi a chi le conosce, come le società locali delle guide alpine e, se si hanno ancora dubbi, cambiare itinerario o rinunciare. Ma chiudere no.
Eppure è evidente che qualcosa è cambiato, che la montagna si sta sgretolando sotto i nostri occhi...
La montagna si sgretola da decenni, non ha cominciato domenica con la Marmolada. Quello che, purtroppo, è evidente è che lo fa a una velocità maggiore di prima, con fenomeni ai quali non avevamo mai assistito. Ripeto, la strada da seguire è la solita, quella della prudenza. E fare riferimento alle guide che conoscono la montagna e la frequentano quotidianamente. Tra guide ci scambiamo informazioni e segnaliamo quando percepiamo che le condizioni della montagna stanno cambiando.
Dopo la tragedia di domenica lo sta capendo anche la politica, con quel «mai più» del premier Draghi: sarà la (s)volta buona?
Il premier ha detto parole importanti e speriamo davvero sia la volta buona per prendere decisioni per il bene della montagna. Scelte che vanno fatte, però, coinvolgendo le popolazioni e le istituzioni locali. Ricordando che l’alta montagna è soltanto la punta della piramide. La montagna è un territorio vasto e quest’anno la siccità ha fatto seccare le sorgenti perfino a 2.500 metri, facendo mancare l’acqua per il bestiame. Tutto questo deve portare a un cambio di abitudini, a fare le cose che diciamo da anni, se non da decenni, ma non abbiamo ancora cominciato a fare. Come, per esempio, imparare a risparmiare acqua. La pandemia ci ha insegnato che non abbiamo più tempo, che dobbiamo agire ora per vedere, forse, i primi risultati tra qualche decennio. Purtroppo c’è voluta una tragedia per arrivare a questa consapevolezza.
Nella lista delle montagne fragili c’è anche il suo amato Cervino: come sta quest’anno?
Per ora le condizioni sono buone, perché non tutte le montagne sono uguali e ognuna ha le proprie caratteristiche peculiari. Oggi il Cervino è in buone condizioni. Come sarà tra una settimana, un mese o domani mattina non lo possiamo sapere, perché l’imponderabile è sempre dietro l’angolo, come purtroppo abbiamo imparato sulla Marmolada.
Quali consigli può dare agli alpinisti che hanno in programma di scalarlo quest’estate?
La regole d’oro è sempre la stessa: prudenza. E se si hanno dubbi, affidarsi alle guide che da sempre applicano la regola della prudenza. Lo facevamo prima della Marmolada e continuiamo a farlo.