giovedì 12 agosto 2021
Ripubblicato in un libro il discorso che il monaco pronunciò nel 1986. Non solo episodi autobiografici, ma analisi profonde degli snodi che hanno caratterizzato il Novecento
22 febbraio 1986, il sindaco Renzo Imbeni consegna l'archiginnasio d'oro a don Giuseppe Dossetti

22 febbraio 1986, il sindaco Renzo Imbeni consegna l'archiginnasio d'oro a don Giuseppe Dossetti - Archivio

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Il 22 febbraio 1986 nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio di Bologna, a Giuseppe Dossetti veniva conferito un importante riconoscimento civico: gesto al quale - dopo un profilo biografico offerto dall’amico Giuseppe Lazzati - fece seguito un discorso non meno importante da parte del monaco già partigiano, costituente, politico, testimone del Concilio, fondatore di una comunità religiosa… ed altro ancora. Se il sindaco Renzo Imbeni chiarì che non si trattava di una sorta di suggello conclusivo per l’articolata vicenda dossettiana, ma, al contrario di una sollecitazione pubblica quasi a riaffermarne la tenuta delle intuizioni, Dossetti - interrompendo il lungo silenzio iniziato alla fine dell’episcopato lercariano, mantenuto con il trasferimento in Medio Oriente - riavvolse in quell’occasione il filo della sua vita, confermando anche in chiave prospettica indicazioni da lui via via additate nel segno di valori a servizio della convivenza umana.

Mettendo in primo piano il debito verso tanti incontri - nell’Azione cattolica giovanile, nelle due Università - a Bologna e in Cattolica a Milano -, nella Resistenza, nella Democrazia Cristiana, nella rivista Cronache Sociali, nell’Istituto per le Scienze Religiose, ecc.- con una litania di nomi eloquenti: Arturo Carlo Jemolo, Antonio Cicu, Vincenzo Del Giudice , monsignor Leone Tondelli, don Dino Torreggiani, Pasquale Marconi, Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Lelio Basso, Palmiro Togliatti, Giorgio La Pira, Giacomo Lercaro, Giovanni XXIII…

Additando conclusioni di percorsi possibili nei rapporti fra lo Stato e la Chiesa (e i valori che non è lo Stato a fondare, ma che esso può solo riconoscere). Delineando aspetti e conseguenze della vita monastica (tutt’altro che “fuga mundi” e con uno scopo assoluto “cioé la carità, l’amore verso Dio e verso il fratello che ci vive accanto”). Affascinando con la sua lettura dei movimenti nella storia e il richiamo ai conflitti nel pianeta (esigenti «una continua risposta positiva» e il superamento dell’«egoismo che non vuole morire»).

Ecco, trentacinque anni dopo quel discorso che fissava il senso di pezzi autobiografici dentro snodi cruciali del ’900, il cui testo fu diffuso in un’edizione annotata da Giuseppe Alberigo e dalla moglie Angelina Nicora, torna al centro di un libro (Giuseppe Dossetti, L’eterno e la storia. Il discorso dell’Archiginnasio, EDB, pagine 112, euro 12) curato da Enrico Galavotti e Fabrizio Mandreoli, l’uno autore qui di una ricostruzione attenta alla temperie ecclesiale di allora che lo introduce, l’altro di un saggio che ne approfondisce orientamenti considerati ancora fecondi.

Due contributi di carattere storico anche nel tentativo di rileggere dentro una testimonianza («una delle tante possibili»), come il rapporto autentico con la Parola possa ispirare i modi di una presenza incisiva nella società del proprio tempo, di un cristianesimo calato nella storia. A prescindere da certezze di soluzioni e con la pretesa di cristallizzarle. Alla larga da esperienze ad alto rischio di «dilettantismo», assimilabili ad un «turismo spirituale».

Non è tutto. In appendice i curatori offrono tre lettere: una del cardinal Biffi a Dossetti all’indomani del discorso - riportata in questa pagina; una di Dossetti a Imbeni; una del sindaco al monaco. Tre tasselli, utili soprattutto se raffrontati con altre lettere precedenti citate da Galavotti circa le prime reazioni - negative - di Dossetti alla proposta del Premio, ma anche con commenti successivi che Imbeni, Biffi, ed altri, avrebbero assegnato a quel «giorno indimenticabile», a quell’«atto prezioso di evangelizzazione» o al suo autore «la sentinella nella notte della storia».

Il cardinale Giacomo Biffi con Giuseppe Dossetti nel 1987

Il cardinale Giacomo Biffi con Giuseppe Dossetti nel 1987 - Ansa

La lettera del cardinale Biffi a Dossetti​

Di seguito il testo della lettera inviata dall’allora arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Biffi, a don Giuseppe Dossetti, all’indomani del discorso del monaco all’Archiginnasio.

22 [23] febbraio 1986

Caro don Giuseppe,
quanto ho visto e ascoltato ieri sera all’Archiginnasio mi conferma che è stata da parte Sua decisione saggia e pastoralmente benefica l’aver accettato l’onorificenza propostale dal Comune.
È stato un incontro davvero posto al servizio della concordia e della serena convivenza tra i cittadini. Di questi gesti e di questi segni c’è tanto maggior necessità quanto più la Chiesa di Bologna intende muoversi sulla linea della chiarezza ed evita ogni ambigua collusione che possa offuscare i principi e la dottrina. Il Suo intervento - limpido, convinto, rispettoso della verità e delle persone - è stato un atto prezioso di evangelizzazione e una provvidenziale occasione di irradiare un po’ della luce del Signore sul volto buio della città. Come vescovo, attento al vero bene di tutto il popolo bolognese, La ringrazio di cuore. Ho notato con grande piacere il vigore anche fisico della Sua esposizione. Il che mi fa bene sperare del ristabilimento della Sua salute.
Mi auguro che non vorrà abusare di questa rinascita di energia e si riguarderà, obbedendo, oltre che ai medici, anche alle premure della Sua famiglia.
La ricordo sempre con affetto e venerazione, e mi affido alla preghiera Sua e dei Suoi presso il comune Signore.
Giacomo Biffi

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