Saluti al termine dell'incontro tra il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, il leader della Lega, Matteo Salvini e la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, presso la residenza romana di Silvio Berlusconi. Roma, 20 ottobre 2021 - Ansa
Nessun ripensamento, nessun passo indietro. Anzi, quella che sinora era una autocandidatura diventa la proposta ufficiale del centrodestra. «I leader di centrodestra hanno convenuto che Silvio Berlusconi sia la figura adatta a ricoprire in questi frangente difficile l'alta carica» di presidente della Repubblica, scrivono Salvini, Meloni, lo stesso Berlusconi e i leader centristi in una nota congiunta al termine dell'atteso vertice di coalizione.
Da Villa Grande, Roma, nuova residenza nella Capitale del Cavaliere, arriva dunque una doccia gelata su Pd ed M5s, che aspettavano un segnale di distensione per aprire un percorso condiviso. Anche se la nota unitaria del centrodestra lascia uno spiraglio aperto: i firmatari chiedono infatti a Berlusconi «di sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta».
Segno che la candidatura è sul tavolo, ma non ancora ufficiale. E che manca ancora la parola definitiva di Berlusconi, che potrebbe decidere di tirare dritto oppure di utilizzare la centralità assunta in questo frangente per dettare in prima persona le condizioni necessarie a farsi da parte.
Numeri alla mano, Berlusconi non arriverebbe ai 505 voti necessari per diventare capo dello Stato dalla quarta votazione in poi. Si avvicinerebbe alla soglia con Italia Viva, che però si sottrae all'accusa di tenere un canale privilegiato con il Cavaliere. «Salvini e Meloni tengono il nome di Berlusconi in campo solo per tattica, i giochi si decidono la settimana prossima», commenta Matteo Renzi prendendo le distanze dall'ipotesi Cav.
«La figura del nuovo presidente della Repubblica - scrivono i leader di centrodestra nella nota a fine vertice - deve garantire l’autorevolezza, l’equilibrio, il prestigio internazionale di chi ha la responsabilità di rappresentare l’unità della Nazione. Il centro-destra, che rappresenta la maggioranza relativa nell’assemblea chiamata ad eleggere il nuovo capo dello Stato, ha il diritto e il dovere di proporre la candidatura al massimo vertice delle Istituzioni». Ed è su Berlusconi che la coalizione si impegna a «trovare le più ampie convergenze in Parlamento». Dai leader arriva inoltre un appello ai presidenti di Camera e Senato per «garantire per tutti i 1009 grandi elettori l’esercizio del diritto costituzionale al voto».
Se davvero Berlusconi non retrocedesse dall'intenzione di sottoporre il proprio nome al Parlamento, la partita del Colle diventerebbe ancora più complicata. Pd, M5s e Leu hanno già annunciato una totale opposizione all'ipotesi. Non si esclude inoltre che le forze di centrosinistra decidono di non partecipare alla quarta votazione, quella in cui Berlusconi si giocherebbe tutte le proprie carte. In alternativa, potrebbero opporre un loro nome "di bandiera".
Allo stesso tempo, nonostante la nota ufficiale, nel campo del centrodestra non si nascondono perplessità sulla candidatura di Berlusconi, al punto che si mettono in conto "franchi tiratori" anche tra i parlamentari della coalizione. Uno scenario, quindi, di profonda divisione.
Il segretario del Pd Enrico Letta, che domani riunisce la Direzione del partito, vede quindi delusa la sua aspettativa di «segnali positivi» da Villa Grande. Non rinuncia però, Letta, a ricordare che nella partita del capo dello Stato «convergere sarà obbligatorio». E che il nuovo presidente della Repubblica non può essere un capo politico perché, appunto, «divisivo». Anche Letta, quindi, come Renzi, pensa che il centrodestra stia ancora prendendo tempo. Un indizio in tal senso era venuto ieri attraverso le parole dell'altro Letta, Gianni, storico braccio destro di Berlusconi, che invitava tutti a mettere dinanzi a ogni cosa l'interesse del Paese. Erano sembrate parole anticipatrici di un passo indietro del Cav, ma così, per ora, non è stato.
La settimana prossima, quindi, sarà un bivio tra due scenari: o la retromarcia di Berlusconi, con l'indicazione però da parte sua e del centrodestra di una rosa di nomi votabili anche dal centrosinistra; o la conferma da parte del centrodestra di voler affrontare le prime votazioni per il Colle con la bandiera del Cav tra le mani. Nel caso prevalesse la seconda ipotesi, nomi comuni potrebbero emergere solo dalla quinta votazione in poi.