La conferenza stampa del governo dopo il Cdm a Cutro - Ansa
In meno di un’ora di Consiglio dei ministri straordinario il governo vara all’unanimità l’atteso decreto migranti sulla scia della tragedia del 26 febbraio scorso. La ricetta «per combattere la schiavitù del terzo millennio», per usare le parole della premier Giorgia Meloni, è in buona sostanza quella già anticipata dalle bozze circolate mercoledì, fatta eccezione per l’impiego delle navi della Marina militare, ipotesi smentita dal ministro della Difesa, Guido Crosetto.
Un «reato universale» punito con 30 anni di reclusione
La novità più consistente riguarda l’introduzione di un’inedita fattispecie di reato per chi provoca «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina» («è il caso di Cutro», come specificato dal capo dell’esecutivo). La pena in questo caso va dai 20 ai 30 anni di reclusione, ma saranno inasprite anche quelle già previste per chi «promuove, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato». Il crimine verrà perseguito anche se commesso al di fuori dei confini nazionali, perché, ha spiegato ancora la presidente del Consiglio, si tratta di «un reato universale», del quale sono responsabili non solo gli scafisti sui barconi, ma anche «quelli che ci sono dietro». Un metodo «che cambia totalmente l'approccio del governo rispetto a quello visto negli ultimi anni». L'allargamento della competenza italiana prevista dal decreto «non invade la giurisdizione di altri Stati, che resta sovrana», ha chiarito il guardasigilli Carlo Nordio. Questo perché si applica in «acque che non sono sotto la competenza di nessuno».
Nulla osta semplificati e permessi estesi
C’è poi il capitolo che riguarda le persone che hanno già fatto ingresso nel Paese, illustrato dal ministro degli Interni Matteo Paintedosi. Il primo punto è la semplificazione e l’accelerazione della procedure di nulla osta al lavoro: con il quale si intende «venire incontro alle esigenze delle aziende e dei richiedenti». Una misura a cui viene affiancata l’estensione di un anno della durata del permesso di soggiorno in rinnovo. Al primo biennio seguirà quindi un triennio, arrivando così ai 5 anni necessari per richiedere il permesso di lungo soggiornante. Tutto questo, ha aggiunto il titolare agli Interni, «senza ridurre i controlli sul mantenimento dei requisiti soggettivi delle persone».
Stretta alla protezione speciale
Il provvedimento prevede anche una stretta sulla protezione speciale, che era stata introdotta per ovviare all’abolizione di quella umanitaria voluta da Salvini nel 2018. L’obiettivo, come si legge nei documenti diffusi da Palazzo Chigi, è impedire «interpretazioni che portano a un suo allargamento improprio».
Centri per migranti commissariabili se «inefficienti»
Nel caso di «gravi inadempimenti» da parte dei gestori dei centri destinati all’accoglienza dei migranti (tali da compromettere la continuità dei servizi), il prefetto potrà nominare un commissario per assicurare il mantenimento dei posti. Sarà poi ampliata la rete dei Centri di permanenza per i rimpatri, con la realizzazione di nuove strutture anche in deroga alla legge, fatto salvo il rispetto del codice antimafia e dei vincoli europei. Da verificare l’allargamento del termine della permanenza da tre a sei mesi, contenuto nelle bozze circolate prima del Cdm.
Decreto flussi triennale
Il decreto flussi diventa triennale (2023-2025), arco di tempo che farà da base per la definizione delle quote di stranieri da ammettere per il lavoro subordinato. In via preferenziale, «le quote saranno assegnate ai lavoratori di Stati che promuovo per i propri cittadini campagne sui rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari». Non è chiaro se il numero dei migranti ammessi, come ipotizzato nei giorni scorsi, verrà fissato a 100mila unità, cifra comunque inferiore alle richieste del mondo produttivo.
Il giallo dell’impiego della Marina militare
Infine va registrato il “giallo” legato all’impiego dei mezzi della nostra Marina per attività di sorveglianza, che in un primo momento pareva dovesse essere chiamata in causa in aiuto delle operazioni di sorveglianza. Un’ipotesi circolata su alcuni quotidiani e smentita seccamente da Crosetto. Anche se Meloni ha ammesso che lo stesso ministro l’aveva in un primo tempo proposta per poi ritirarla.