Caro direttore,
«Si commenta da sé l'azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l'illusione di una immigrazione senza regole». Questa la prima reazione difensiva della presidente del Consiglio allorché (26 febbraio) venne annunciata l’ecatombe di Cutro: a oggi 72 cadaveri, tanti i bambini, quaranta i presumibili dispersi, tutti rifugiati in pectore, aventi diritto alla protezione internazionale e perciò in sommo grado underdogs (sfavoriti), come anche Giorgia Meloni ama definirsi.
La presidente Meloni, a cui vorrei rivolgermi direttamente, può pensare tutto, tranne che considerarmi un avvoltoio o uno sciacallo. Ho espresso anch’io per tempo su questa testata (15 novembre 2022 e 2 febbraio 2023) il mio pensiero giuridicamente critico sulla sua politica migratoria, e ho perfino formalizzato due denunzie, indirizzate ai Procuratori della Repubblica di Ancona e di Catania, allo scopo di sottoporre al vaglio giudiziario l’illegittima lotta del suo Governo alle Ong.
Come cittadino informato dei fatti, sento ora il dovere di denunciare l’inclinazione autoritaria che sta consolidando il Governo da lei diretto. Se ne registrano almeno tre convergenti avvisaglie. Il ministro Carlo Nordio ha perentoriamente rivendicata la prerogativa di stabilire se il sottosegretario Delmastro abbia violato un segreto amministrativo, mentre se ne sta occupando legittimamente la Procura competente. Il ministro Valditara, invece di condannare subito l’uso della violenza, ha pubblicamente minacciato sanzioni disciplinari a una dirigente scolastica, “colpevole” di avere rammentato ai propri studenti – esercitando per altro il proprio diritto alla libertà di insegnamento (art. 33 Cost.) – le origini e i pericoli del fascismo, solo poi commentando la circolare di un preside milanese ha condannato la violenza in ogni forma.
Il ministro Piantedosi… vorrei astenermi dal parlare delle sue esternazioni sulla strage di Cutro, perché sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Non posso omettere, invece, di stigmatizzare la preoccupante telefonata con cui lo stesso ministro dell’Interno è intervenuto per telefono nel corso di una trasmissione televisiva, per intimidire il dottor Orlando Amodeo (già medico soccorritore in forza alla Polizia di Stato) e un prete, don Rosario Morrone, i quali avevano pubblicamente “osato” argomentare che l’eccidio poteva – e doveva – essere evitato. Presidente, fino a quando considererete, con Piantedosi, gli emigranti non gli ultimi degli ultimi (underdogs) giuridicamente aventi diritto a protezione, ma genitori irresponsabili che osano imprudentemente affrontare i flutti del mare con i loro bambini, al massimo – anche a fronte di una foto di Frontex che non poteva essere più esplicita – i Ministeri competenti attiveranno una punitiva “operazione di polizia” ( law enforcement)…
L’intervento salvifico della Guardia Costiera ( search and rescue: Sar) presuppone infatti l’opposto paradigma concettuale (non punire, ma innanzitutto salvare) e purtroppo non c’è stato, facendo restare drammaticamente inattivi personale e mezzi pur disponibili. E ora, signora Presidente, dobbiamo occuparci di quei venti bambini annegati. Il loro precoce e drammatico decesso richiama alla memoria un famoso e provocatorio passo della letteratura russa: « Finché sono ancora in tempo, corro ai ripari e perciò rifiuto del tutto la suprema armonia. Essa non vale neanche una sola lacrima di quella bambina torturata che si batteva il petto con il suo piccolo pugno e pregava il “buon Dio” nel suo fetido anfratto, versando le sue lacrime invendicate. (...) Io non voglio l’armonia, non la voglio per amore verso l’umanità. Preferisco che le sofferenze rimangano invendicate. (...) Troppo poi si è esagerato il valore di quell’armonia, l’ingresso costa troppo caro per le nostre tasche.
E, perciò mi affretto a restituire il mio biglietto d’ingresso. E, se sono un galantuomo, ho l’obbligo di restituirlo il prima possibile. E così faccio. Non è che non accetti Dio, Alëša, ma Gli restituisco nel modo più rispettoso il mio biglietto» (F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, p. II, cap. V). L’Autore è il manifesto del nichilismo ateista: Si Deus est, unde malum? Si non est, unde bonum (se Dio esiste, perché esiste il male? Se Dio non esiste, perché esiste il bene?). Ma, anziché «restituire il biglietto », signora Presidente, le chiedo di indicarci, nel Consiglio dei ministri che oggi riunirà proprio a Cutro, come possiamo spiegare dignitosamente ai nostri figli le ragioni di quelle vite annegate nel cimitero liquido del Mare Ionio.
Magistrato, già sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione