Graziano Delrio - Ansa
È arrivato il tempo per la Costituente degli Stati Uniti d’Europa, per una politica estera e di difesa comuni. Graziano Delrio, ex capogruppo e ministro Pd, accoglie le parole del Papa e ragiona sul monito lanciato da Francesco. «Il Papa ha fatto un appello molto forte e ha indicato una direzione precisa e credo sarebbe sbagliato ridurlo a una buona intenzione perché indica una direzione non solamente etico-religiosa, ma politica. Frenare la corsa agli armamenti, che – per inciso – dai 1.754 miliardi nel 2009 sono diventati quasi 2.000 miliardi, deve essere un obiettivo politico. Ma questo aumento della spesa, come si può vedere, non è certo la risposta. Anzi, conferma quello che ha detto sempre papa Francesco, che stiamo assistendo a una terza guerra mondiale a pezzi.
Il premier Draghi ha risposto dopo il Consiglio Ue, convinto della direzione di lavoro, rifacendosi a De Gasperi. Non la convince?
L’Europa di De Gasperi e Spinelli doveva essere costruita su un progetto politico e su una struttura federale di difesa, che, appunto, è il risultato di una scelta di politica estera comune.
Ed è diverso da quello che si sta discutendo in questi giorni?
Oggi la grande debolezza dell’Europa si è vista nella incapacità di fronteggiare una crisi che è dentro il suo cuore, perché la Russia e l’Ucraina sono parte integrante dell’Europa e l’Europa non sa rispondere a questa grande crisi, proprio perché mancano gli Stati Uniti d’Europa con una politica estera e manca una politica di difesa comune. Ma in questi anni il mondo è andato verso i trattati di non proliferazione nucleare e sono stati raggiunti degli obiettivi diplomatici verso un disarmo progressivo, non verso un rialzo. Penso agli accordi di Helsinki del ’75. La risposta deve essere quella di una cornice di sicurezza che permetta alle nazioni di impiegare meno soldi per gli armamenti. Allora anche la Russia li sottoscrisse. Oggi vanno rinnovati e rilanciati.
Lei parla di una assemblea costituente, ma era già difficile alle origini e oggi con tanti altri Paesi nella Ue sembra anche più ardua.
Questa è la grande sfida della guerra, dopo quella della pandemia che ha chiamato l’Europa a fare un salto di qualità in termini sanitari ed economici. Oggi si potrebbe procedere con gli Stati che vogliono dare inizio al processo, penso all’Italia, alla Francia, la Spagna, la Germania. Se non tutti i ventisette sono pronti, si può pensare a un nucleo fondatore. Spero che Draghi ne sia promotore.
Dopo la guerra che rapporto si potrà avere con Putin?
Spero che i popoli russo e ucraino non si facciano intrappolare dall’odio vicendevole frutto del nazionalismo. Poi la pace si fa sempre col nemico e non con chi la pensa come te. E con la Russia si dovranno trovare canali di dialogo.
La guerra ha disegnato un nuovo scenario mondiale?
Dopo questa guerra il mondo non sarà più come prima e potrebbe anche essere peggio, questo dipenderà molto dalle scelte che faremo, siamo di fronte a un’aggressione ingiustificata e ingiustificabile, che ha provocato morti, profughi e sofferenze.
Ha anche colpito i Paesi più poveri, come l’Africa.
Ci siamo accorti di quanto siamo tutti interdipendenti, che il pane che si mangia a Tunisi viene dall’Ucraina. Questo viene molto sottovalutato oggi. Ma le ripercussioni possono essere davvero enormi, come dimostra l’allarme della Fao.
Anche in Italia il quadro politico vede Fdi che vota col Pd, Lega, M5s e Si insieme. Il governo rischia?
I governi non cadono sugli ordini del giorno, e sul decreto ci sarà un accordo ampio al Senato, come è stato alla Camera. L’Italia ha risposto con grande slancio di solidarietà e non solo con la politica, penso alle città, alle famiglie che stanno accogliendo i profughi. Ma anche la politica si è unita e continuerà a esserlo. Intanto chi ingenuamente pensava che Putin fosse semplicemente un grande statista ha capito oggi che i nazionalismi che credevano fossero la risposta portano alla guerra. È anzi proprio dal superamento del nazionalismo che si arriva alla pace. E questo sembra che sia ormai chiaro a tutti.