Il ministro Tria a Lussemburgo (Ansa)
Per evitare la procedura l’Italia ha ormai solo una settimana circa. Al termine della due giorni a Lussemburgo per Eurogruppo ed Ecofin, è questo il quadro che emerge. Una sorta di ultimatum ufficioso, si parla di venerdì 21 giugno, peraltro giorno dell’Eurosummit, su cui potrebbe planare il "caso Italia". La ragione è chiara: la Commissione valuta di approvare la sua proposta di avvio della procedura con le relative raccomandazioni mercoledì 26 giugno. Riunione che viene preparata dai capi di gabinetto il lunedì precedente, il 24: per allora, la Commissione deve aver avuto il tempo di analizzare gli eventuali nuovi dati forniti da Roma. Il 9 luglio, poi, l’Ecofin dovrebbe approvare la proposta.
«L’Italia ha pochi giorni», ha confermato il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire. E l’esecutivo Ue ha chiaramente dalla sua gli altri Stati dell’Euro, come emerso già nella riunione del comitato Efc. «L’Eurogruppo – ha detto il suo presidente Mario Centeno – accoglie l’opinione del Comitato economico e finanziario, il quale concorda con la Commissione nel dire che è giustificata una procedura sul debito. L’Italia è invitata a prendere le misure necessarie per rispettare le regole del Patto di stabilità».
Il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, parla di «un forte e chiaro sostegno», adesso la Commissione «continuerà con il lavoro che potrebbe portare all’apertura di procedura». Anche se «possiamo ancora evitarla». Una partita complessa, anche perché l’Italia rifiuta manovre correttive. Con Moscovici il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha avuto una bilaterale ieri mattina a Lussemburgo. Un incontro, ha riferito Tria, durante il quale «abbiamo posto le basi di quello che discuteremo, gli obiettivi del negoziato». Il punto è noto: «Noi – ribadisce il titolare del Tesoro – dobbiamo raggiungere il deficit che ho indicato (2,2% del Pil, contro il 2,4% stimato ad aprile dal governo, ndr), che è anche compensativo sul mancato raggiungimento dell’obiettivo 2018. Come lo raggiungiamo non è un problema di nuove misure o no, pensiamo di raggiungerlo senza variazioni legislative». Per convincere Bruxelles il ministro illustrerà «nuovi dati dove ci sono maggiori entrate e maggiori risparmi», perché «porto dati, non chiacchiere».
Tria ha però il fiato sul collo di Matteo Salvini, che da Milano lo ha incalzato: «Il governo ci sarà se tagliamo le tasse – ha avvertito il leader leghista –. Se qualcuno dicesse facciamo la manovra e non tocchiamo le tasse, sappia che non la fanno con me». Il governo cadrebbe. E, rivolto all’Europa: «Voglio proprio sperare che l’Ue non pensi a multe, infrazioni, o ci chieda di aumentare le tasse o di mandare in pensione la gente a settant’anni perché la nostra risposta sarà un educato no». Una procedura o una sanzione sarebbe «un accanimento da parte dell’Ue nei confronti dell’economia italiana». Anche sui minibot le linee restano distanti. «Sono una cattiva idea», ha ribadito Tria. «Gli chiederemo se ha idee più efficaci», è la replica di Salvini.
Il problema è che a Bruxelles una riduzione dello 0,2% del Pil (3,5 miliardi di euro) non basta: si parla di una somma da congelare, da usare nel caso non si raggiungano gli obiettivi previsti nel 2019. E anche per il 2020 l’Ue chiede misure credibili di riduzione del debito, visto invece in salita al 135,2% del Pil, con il deficit nominale al 3,5% se non scatteranno gli aumenti Iva da 23 miliardi, e ancor più con la Flat Tax. «Mi compiaccio – ha spiegato Moscovici – dell’impegno di Tria e Conte, agiscono in buona fede con una vera volontà di raggiungere un accordo. Ma ci vuole di più, servono fatti e cifre ed è questo spirito che continueremo ad avere con le autorità italiane». Il debito, sintetizza anche il vice presidente Valdis Dombrovskis, «deve andare giù e non su. Questa è la sostanza, ora la palla sta all’Italia». La quadra ancora non si vede.