venerdì 4 aprile 2025
Creare caos e dividere l'Europa con fake news, uso di intelligenza artificiale, film e documentari. C'è una strategia di disinformazione studiata a tavolino, che ha già colpito Germania e Italia
Da Zakharova all'Afd, come funziona (e dove punta) la propaganda russa
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L’ultimo obiettivo è generare caos in modo scientifico, per destabilizzare l’Occidente. La guerra dichiarata dalla Russia al sistema dell’informazione ha fatto l’ennesimo salto di qualità con la recente campagna elettorale tedesca e prosegue ora con il lento avvio dei negoziati per il cessate il fuoco in Ucraina. Si è insediata anche nel nostro Paese, nell’indifferenza generale, e unisce propaganda fatta con i canali tradizionali, dalla tv ai teatri, alle fake news generate dall’intelligenza artificiale, in un cortocircuito senza fine.
Solo un mese fa, ad esempio, una piattaforma denominata NewsGuard, che monitora il sistema di disinformazione online, ha lanciato un allarme ben preciso: c’è una rete ideata da Mosca che agisce con l’obiettivo di infettare i sistemi di intelligenza artificiale in modo da trasformarli in uno strumento di disinformazione globale. La rete si chiama Pravda e, secondo chi l’ha studiata, solo nel 2024 ha immesso nei principali chatbot, cioè i software che simulano ed elaborano le conversazioni umane, ben 3 milioni e 600mila articoli di propaganda pro-Cremlino per influenzare il dibattito tra gli utenti. In tutto avrebbero così preso forma 207 affermazioni false: insomma, sarebbe stato messo in funzione un vero e proprio “centro di riciclaggio” delle notizie false.

Tutto questo ha un costo importante, ovviamente. In Germania, stando ai dati dell’intelligence teutonica pubblicati sul sito The Insider, Mosca avrebbe speso ben 2 miliardi di euro per condizionare il voto. In Italia, invece, il budget di Russia Today, organo di informazione finanziato dal Cremlino e tradotto in 25 lingue, ha sfiorato i 900 milioni nel biennio 2022-2024, con 180 video di propaganda solo sull’Ucraina, messi in circolo grazie a una imponente presenza di persone impiegate, circa 2mila. I dati sono del sito “Stop Propaganda russa”, che mette insieme forze politiche laiche, come Azione, i radicali di + Europa e il Partito socialista, con realtà dell’associazionismo, dal Mean, il Movimento europeo per un’azione non violenta a Base Italia, fino al Comitato Ventotene. «Documentari, film, libri di testo, musica, fumetti, videogiochi, siti di news sono usati come un’arma – ha denunciato il sito -. I video di propaganda prodotti da Russia Today, in particolare, continuano ad essere accessibili in rete, nonostante il divieto dell’Unione Europea». La risposta di Mosca, da questo punto di vista, non si è fatta attendere. Quando nei mesi scorsi il Consiglio dell’Ue ha accusato il Cremlino di condurre «una campagna internazionale e sistematica di manipolazione dei media e dell’informazione, di interferenza e di grave distorsione dei fatti», i funzionari russi hanno replicato negando ogni accusa di manipolazione dei media e definendo «illegali» le sanzioni occidentali. Ma come si concretizzano queste infiltrazioni? E come riescono a sedimentare dentro l’opinione pubblica?

«È dai tempi del Kgb che il Cremlino raccoglie sistematicamente materiale sui suoi oppositori, organizzandoli in categorie diverse sulla base di fonti e canali utilizzati» spiega Marianella Sclavi, scrittrice ed esperta di gestione creativa dei conflitti. Da attivista del Mean, Sclavi è stata dodici volte in Ucraina in questi tre anni e, a chi le chiede se nell’Europa dell’Est non sia in corso anche una guerra tra propagande opposte, risponde ricordando che «noi, nelle nostre visite, abbiamo misurato anche il dissenso, specie degli amministratori locali, verso Volodymyr Zelensky. Non credo possa accadere altrettanto se si passa il confine e, in ogni caso, sono gli stessi ucraini i primi ad aver avvertito in tutto questo tempo il peso e il potere superiore della manipolazione informativa in arrivo da Mosca».

Più ci si sposta a Ovest, peraltro, più la situazione si fa complicata. Il Paese laboratorio, in questo senso, è la Germania, dove il sabotaggio alla libera informazione è un fatto concreto, confermato dalla corsa alla cancelleria per il dopo Olaf Scholz, che ha premiato la coalizione di centrodestra guidata da Friedrich Merz. Centinaia di migliaia di account falsi, bot e attività automatizzate, ma anche video deepfake realizzati con l’intelligenza artificiale, immagini e meme curatissimi capaci di diventare virali, oltre ad attacchi cyber e azioni di vero e proprio teppismo hanno avuto Berlino come cornice, teatro e obiettivo finale della propaganda. Simone Zoppellaro, ricercatore e reporter freelance che ha seguito da vicino questa campagna elettorale, dice che «l’obiettivo è sempre quello: dividere l’opinione pubblica, proponendo narrazioni distruttive. Il risultato è stato una grande capacità di infiltrazione attraverso strumenti come Telegram e Whatsapp. Tale penetrazione ha sorprendentemente funzionato, in particolare nella zona grigia degli astenuti e degli indifferenti».

Non è un mistero che, in Germania, il Cremlino avesse scommesso su due partiti in particolare: Alternative fur Deutschland di Alice Weidel all’estrema destra e la formazione nata a sinistra della Linke, il Budnis Sahra Wagenknecht, l’alleanza nata intorno all’esponente populista. Partiti che, da schieramenti opposti, hanno a lungo chiesto sia lo stop del sostegno tedesco a Kiev sia la fine delle sanzioni per Vladimir Putin. Afd ha avuto grande consenso (il 20% dei tedeschi l’ha scelto) mentre il Bsw si è fermato appena sotto il 5%: in ogni caso, un abitante della Germania su quattro ha scelto alla fine, nell’urna, formazioni dichiaratamente filorusse.

Secondo Bruno Kahl, presidente del Servizio federale di intelligence tedesco che raccoglie informazioni all’estero, «abbiamo assistito a operazioni ibride di influenza senza precedenti». Una volta minata la fiducia degli elettori nel sistema democratico, il più è fatto. Se si arriva in Italia, la situazione non è tanto diversa. Cos’è stato, se non un tentativo di gettare fango nel ventilatore, il triplice tentativo della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, di tirare in ballo capziosamente il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per i suoi ragionamenti sull’espansione aggressiva della Russia? E come giudicare le intemerate senza scrupoli di presunti influencer e opinionisti, ansiosi di farsi sentire perfino nei talk show serali della tv pubblica e privata italiana? Occorre dunque stare in guardia. Il Consiglio d’Europa ha parlato apertamente di «disordine informativo», l’Agcom, l’Autorità garante per le comunicazioni, ha ricevuto recentemente un esposto che elenca tutti i contenuti illegali di matrice russa non ancora bloccati. Eppure la controinformazione russa continua. Online e sui territori.

In Rete resta facile imbattersi in notizie inventate come quelle secondo cui gli Usa gestiscono laboratori segreti di armi chimiche in Ucraina o presunte inchieste sulla fortuna miliardaria accumulata da Zelensky grazie agli aiuti militari statunitensi. Diverso è accorgersi degli effetti della propaganda nella vita reale delle comunità. A metà marzo in una sala di un hotel di Udine sono stati proiettati due docufilm su Piazza Maidan e sui bambini del Donbass. «Si giustificano le atrocità compiute dai russi» hanno attaccato i rappresentanti delle comunità ucraine. La battaglia sulla propaganda si gioca ormai su più terreni, con interlocutori abili spesso legati ad alcune forze politiche. Di certo, i social sulle fake news non hanno più l’esclusiva di un tempo.

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