In un tragico rimbalzo del nuovo conflitto tra Hamas e Israele, torna l’orrore in Europa. Colpisce un insegnante in Francia, con altri due feriti, due tifosi svedesi in Belgio. E un’altra scia di sangue innocente arriva dagli Stati Uniti.
La logica del terrorismo, come la parola stessa dimostra, è quella di colpire in modo indiscriminato, in mezzo alla gente comune, per suscitare panico e spavento, seminare diffidenza e chiusura, separare persone, gruppi, identità. A volte voluto, sempre conseguito, è lo scopo di alimentare i conflitti tra le popolazioni colpite dagli attacchi e le minoranze che i terroristi pretendono di vendicare o di difendere. Oltre a uccidere e ferire civili disarmati, i presunti guerrieri di immaginarie guerre sante massacrano il dialogo e gli sforzi di pace.
La reazione più comune ai colpi del terrorismo è infatti invariabilmente il rilancio, teorico e pratico, della tesi dello scontro di civiltà. Facile cadere nella trappola della contrapposizione tra un Occidente democratico e civile e un islam retrogrado e violento, con il corollario sempre più legittimato di un irrigidimento (selettivo) delle politiche dell’immigrazione. Sul fronte esterno, con il crescente rifiuto di accogliere i rifugiati del Sud del mondo, compresi quanti scappano dall’oppressione fondamentalista. Sul fronte interno, con gli sforzi per limitare libertà di culto, aggregazione, espressione per le comunità islamiche.
Non basterà che in Belgio come in Francia gli esponenti riconosciuti dell’islam abbiano condannato apertamente gli attentati. Una presunzione di colpevolezza colpisce il variegato universo delle comunità musulmane in emigrazione, quanto meno sotto forma di sospetto di tolleranza, giustificazione, tiepidezza nel contrasto. Il governo francese ha già approvato leggi che hanno consentito di sciogliere associazioni musulmane considerate troppo radicali, e si appresta a varare norme più dure sull’immigrazione, sotto la pressione di un’estrema destra che lo accusa di assistere imbelle alla presunta crescita del pericolo islamico. Ѐ appunto lo schema dell’inevitabile scontro tra mondi contrapposti: noi da una parte, loro dall’altra. Separati, contrapposti, incomunicanti. Avendo ora sullo sfondo anche la guerra in Palestina.
In questo scenario poco conta, e poca eco ha riscosso, l’omicidio di segno ideologico opposto perpetrato a Chicago. Vittima un bambino di sei anni, colpevole di essere palestinese, andato incontro a braccia aperte al suo padrone di casa trasformato in assassino.
Eppure, il miglior regalo che potremmo fare ai terroristi è proprio quello di inasprire i rapporti con l’islam d’Europa, e nel nostro Paese, continuando a costringere le comunità musulmane a riunirsi nei seminterrati, nelle sale di preghiera informali, negli angoli marginali delle nostre città. La prevenzione delle derive fondamentaliste, delle predicazioni incontrollate in luoghi sensibili come le carceri, e alla fine dei possibili esiti estremi del terrorismo, passa attraverso l’alleanza con i musulmani moderati, la trasparenza dei luoghi di culto, la formazione di guide religiose, anche in Italia. Solo rompendo l’incubo tossico dello scontro di civiltà potremo gettare le basi di una convivenza migliore.