giovedì 27 marzo 2025
Nella riunione dei "volenterosi" allo studio soluzioni alternative all'impegno militare sul campo. Il governo Meloni: soldati solo sotto egida Onu
La premier Meloni a Parigi accolta dal presidente Macron

La premier Meloni a Parigi accolta dal presidente Macron - Blondet Eliot/ABACA / ipa-agency.net

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Ha preso il via il vertice dei Volenterosi convocato a Parigi dal Presidente francese, Emmanuel Macron. Presente il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Al vertice partecipa anche la premier Giorgia Meloni. Sul tavolo, tra l'altro, la discussione sulle garanzie di sicurezza per l'Ucraina e il piano portato avanti da Parigi e Berlino di invio delle truppe di pace.

Meloni ieri ha fatto il punto con i vice Salvini e Tajani e il ministro Crosetto. Crescono le perplessità sui possibili «piedi sul terreno». E scetticismo sul ruolo delle Nazioni Unite Da M5s mozione anti-riarmo Roma Ancora un vertice teso. Concluso con una tregua fragile: Giorgia Meloni parte oggi per Parigi come lei stessa ritiene necessario fare, nella direzione auspicata dal vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Il “prezzo” è una nota che deve star bene all’altro vicepremier, e capo della Lega, Matteo Salvini, in cui l’equilibrismo domina sulla chiarezza. I tre non si ritrovano faccia a faccia. La premier è a Palazzo Chigi con Salvini e il titolare della Difesa, Guido Crosetto, Tajani è videocollegato. L’obiettivo è dare una cornice unitaria alla partecipazione di Meloni al nuovo incontro della “Coalizione dei volenterosi”, guidata da Francia e Inghilterra e finalizzata a definire le garanzie di sicurezza per un’Ucraina “in tregua”.

I tre leader della maggioranza e Crosetto si ritrovano nella necessità di costruire «insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti» delle «garanzie di sicurezza solide ed efficaci » per Kiev. Poi il comunicato viene completato da una conciliazione delle varie “sensibilità”. Meloni rilancia la sua proposta «di un modello che in parte possa ricalcare quanto previsto dall’articolo 5» del Trattato Nato, ipotesi che secondo la premier «sta riscontrando sempre più interesse tra i partner internazionali ». In realtà si tratta di un’idea che, dal punto di vista dell’applicabilità, non convince però nemmeno l’intera maggioranza.

La seconda “sensibilità” della nota governativa, in quota Lega, consiste nel ribadire che «non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno». Neanche sotto l’egida Onu? La nota non fa chiarezza, sebbene riconosca che sul tema «dell’attuazione e del monitoraggio del cessate il fuoco » si sta facendo spazio «un possibile ruolo delle Nazioni Unite, che il governo italiano sostiene da tempo». Poco dopo il vertice, Tajani aggiunge che eventuali presenze militari italiane sono possibili solo «sotto l’egida Onu».

In realtà al momento pare più un’ipotesi di scuola, perché nessuno scommette su un ruolo attivo sul campo da parte del Palazzo di Vetro con il consenso di Mosca. In realtà, il ministro degli Esteri incassa la sostanza dell’incontro, ovvero il via libera senza fibrillazioni interne alla partecipazione di Meloni al vertice di Parigi. Ma si tratta, come detto, solo di una fragile tregua interna. Le divergenze di vedute sono emerse di nuovo. La posizione di Salvini continua a mettere in difficoltà Meloni e Tajani insiste con entrambi perché la strategia italiana in questa difficile congiuntura internazionale non sia ostaggio delle dinamiche del consenso. E a sera Palazzo Chigi smentisce che Meloni abbia invitato i vice «ad abbassare i toni».

Il succo è che Meloni si mette più chiaramente al fianco di Macron e Starmer. Anche se la Farnesina spinge per completare il quadro anche attraverso un faccia a faccia con il cancelliere tedesco in pectore, Merz. A Parigi, però, la premier non troverà chiarezza strategica. Anzi, ieri l’agenzia Reuters argomentava le forti perplessità che stanno emergendo sulla presenza di truppe su suolo ucraino. Insomma, l’incontro dei “volenterosi” servirebbe non tanto ad avanzare nelle proposte sinora formu-late, quanto a verificare soluzioni alternative, nella consapevolezza che il tema delle garanzie per Kiev lo si sta giocando in realtà sul tavolo Usa-Russia. Il tutto in un contesto caotico. Con la commissaria Ue alle crisi, la belga Lahbib, che presenta il “kit di sopravvivenza” (vedi a lato) che però diverse cancellerie non accolgono con entusiasmo.

Anche in Italia quanto a caos non si scherza. Nel governo, e pure tra le opposizioni. Azione ha pronta la mozione per incoraggiare il governo a procedere sul riarmo. «Si arrivi al 2%», dice il partito di Calenda, che sabato al congresso ospiterà Meloni e Giorgetti, non Salvini (il discrimine è chi sostiene Kiev). M5s invece ha pronta la mozione per bloccare il piano di Von der Leyen. «Non possono portarci a un'economia di guerra senza neppure il voto dei cittadini», attacca Conte che si prepara alla piazza del 5 aprile. Di mozione anti-riarmo ne presenterà una anche Avs. Il quadro parlamentare, insomma, è più che frammentato.

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