domenica 5 gennaio 2020
I «workshow» di Gianni Ferrario, ex manager che ha creato una scuola di sorrisi: «È l’arte più preziosa da coltivare»
Gianni Ferrario in una delle sue performance

Gianni Ferrario in una delle sue performance

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«Sorridi, anche se il cuore ti duole». Così canta Charlie Chaplin in Smile, colonna sonora del celebre film Tempi moderni. Gianni Ferrario, 73 anni, ex manager e consulente industriale, pur coltivando le sue passioni artistiche, dal canto al teatro (sin da ragazzo in famiglia e gli amici lo chiamavano con un nome indiano “cuore-che-canta”) era parte dell’ingranaggio della macchina della modernità. Poi un giorno l’incontro con il padre gesuita Gian Vittorio Cappelletto che gli insegna le tecniche di meditazione profonda. L’inizio di un percorso spirituale che va di pari passo con la scoperta dell’antico linguaggio dei giullari, il grammelot, il palco condiviso con Angelo Giordano, la conoscenza di Patch Adams, mitico “Dottor sorriso”, e poi del guru Madan Kataria, ispiratore dello yoga del sorriso. Un mix di suggestioni e di pratiche che scavano un solco profondo nel cuore di Ferrario, che dopo diversi lustri di attività fra conti e bilanci, a 55 anni vede chiaro l’obiettivo di un altro «ben-essere»: «La vita è uno specchio. Se sorridete, vi sorriderà». Ed ecco che il manager diventa giullare di professione, un “Giullare zen” (ma anche happiness trainer, felicitAttore, Provocatore positivo) come ama definirsi, che mette in scena fra teatro e workshop (anzi, «workshow») lo spettacolo della risata e uno yoga cristiano. Come una terapia. Dove i protagonisti sono gli spettatori stessi, funzionari d’azienda, manager, imprenditori e dipendenti che si liberano delle tossine, dalle timidezze e dai formalismi, e si scoprono tutti bambini.

«La risata come terapia, il buonumore come forza: dissacrare per sacralizzare; spiazzare e sorprendere per aprire nuovi canali di comunicazione che fungano come facilitatori della crescita personale e spirituale, e di conseguenza a beneficio della collettività che forse è il vero scopo di questa manciata di anni che ci troviamo a trascorrere come ospiti su questo splendido e martoriato pianeta», dice Ferrario che racconta la sua esperienza anche in Ridere di cuore ( Tecniche nuove, pagine 146, euro 12,90). Sul palco da solo, con una camicia rossa, le sue performance artistiche cominciano con una sonora risata. Così, dal nulla. Una semplice risata. Eppure così travolgente da diventare subito corale. La mente si libera, il cuore si scioglie. E lo show può partire, fra tecniche di respirazione, giochi di parole, scioglilingua, sketch, canto, musica e cabaret. Un mattatore, Ferrario, che nel tempo ha conquistato la fiducia di grandi aziende che hanno voluto i suoi workshow nelle convention con migliaia di dipendenti (un palcoscenico assai interessante anche per big del calibro di Fiorello che ricevendo il Telegatto come personaggio del decennio da Sorrisi e canzoni, ha detto: «Le uso come test per capire se le battute e gag funzionano». Un po’ come gli inizi nei villaggi turistici): colossi bancari come Intesa Sanpaolo e Unicredit, dell’informatica come Ibm, le università (dalla Bocconi alla Cattolica), e ancora Kpmg, Eni, Sky o associazioni come Confcommercio. In Italia e all’estero (si esibisce anche in inglese), in grandi teatri e fiere, ma anche fra piccole realtà associative. E ovviamente, per lui «cattolico praticante», in chiesa.

Poco prima di Natale, il giullare zen era al Centro diurno della Caritas che ospita le persone senza fissa dimora in viale Famagosta a Milano: «Sono andato a condividere un sorriso e un po’ di sollievo a persone che vivono ai margini. Il mio maestro di canto, Gianluca Valenti, mi aveva dato da studiare la bellissima canzone di Charlie Chaplin Smile: mi sono reso conto che ciò che il maestro mi aveva dato come compito calzava perfettamente con la situazione che stavo vivendo. Quel linguaggio universale mi ha aiutato a trovare la chiave giusta per essere più vicino alle persone meno fortunate». Lo scorso marzo, nel Duomo di Milano, davanti all’arcivescovo, Mario Delpini, Ferrario aveva trascinato nella risata e allenato alla gioia i giovani partecipanti all’evento organizzato dal Centro ecumenico europeo per la pace e dalle Acli per le scuole professionali della diocesi milanese con lo scopo di lanciare i valori di una nuova Europa «virtuosa». «La risata, lo humour, l’autoironia, la capacità di cogliere il lato comico delle cose: ecco l’arte più preziosa da coltivare – continua Ferrario –. Non per sfuggire ai problemi, non per nascondere lo sporco sotto il tappeto, ma per tirarlo fuori. Per ricaricare le batterie, per non identificarsi nelle difficoltà della vita e farsene sopraffare. Per non prendersi troppo sul serio». E salvare così l’homo ridens dal rischio di «estinzione» in un mondo dove la «perfetta letizia» che cantava san Francesco è sopraffatta dalla «seriosità». Ferrario si affida al grammelot, rinverdito da Dario Fo, il cui Mistero buffo è una pietra miliare per il suo cammino artistico. Camicia rossa, una valigia carica di buonumore e la forza contagiosa di un «cuore che canta». Di fronte ai nuovi tempi moderni… una risata ci salverà? Il giullare non ha dubbi. Ride di cuore e se ne va. E noi con lui. Più leggeri e felici. Con uno smile autentico, non certo un’emoticon su un display.

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