Non c’è dubbio che il desiderio di piacere, di mettersi in mostra, di farsi belli con mille artifici per attrarre gli sguardi e la benevolenza altrui o conquistare consensi a suon di messinscena, sia vecchio quanto il mondo. Ritualizzata, circoscritta in passato in una coreografia di relazione e corteggiamento tra uomini e donne, la seduzione è diventata oggi un imperativo che pervade in modo nuovo ogni ambito della vita individuale e collettiva, acquisendo una centralità e un potere mai visti. E ben oltre i confini delle manovre amorose, lasciandosi alle spalle l’immaginario secolare della bellezza moralmente fonte di pericoli, tirannia tentatrice da tenere a freno, reprimere e condannare come si deduce dall’etimologia del verbo sedurre, dal latino seducere, ovvero attirare a sé, deviare dalla retta via, indurre in errore.
Dal rischio del moralismo ci si è smarcati da tempo con il trionfo del desiderio, diventato diritto-dovere di modificare qualsiasi parte del corpo e metterla in scena, di piacersi e piacere fuori da ogni protocollo, lontani anni luce da quel binomio di rituali galanteria/civetteria entro cui si muoveva la seduzione classica. Oggi nell’era dell’accelerazione dei contatti, delle relazioni in Rete libere e veloci, compresse e immediate, anche la seduzione si è fatta iperbolica e fast, e persino prepotente arma di potere e controllo.
Viviamo l’era della seduzione sovrana, una logica globale senza precedenti che riorganizza sistematicamente i territori del consumo, dei media, dell’economia, dell’educazione e della politica. Siamo tutti dentro un tempo in cui la regola principale è «piacere e colpire», per dirla con il titolo di questo corposo saggio di Gilles Lipovetsky, Piacere e colpire. La società della seduzione (Cortina, pagine 424, euro 29). Docente di Filosofia all’Università di Grenoble, raffinato osservatore delle tra- sformazioni culturali e sociali della contemporaneità, Lipovetsky entra nelle pieghe dell’ipermodernità seduttiva e incantatrice, dell’economia consumistica ed emotiva, del marketing politico e dell’educazione liberale alla ricerca della felicità, mostrandoci della seduzione globale i punti di forza, dopo averne ampiamente e spietatamente documentato le derive.
Da mezzo secolo siamo piombati nella società del totalmente attraente dove la seduzione, uscita dal mondo dei salotti si è estesa all’infinito mondo, tanto che – sostiene Lipovetsky – l’impenitente Don Giovanni con i suoi eccessi oggi appare un principiante seduttore rispetto all’appetito insaziabile del marketing, alla conquista strategica dei consumatori come degli elettori. Obbligata a essere creativa, a reinventarsi continuamente imboccando strade inedite, la seduzione sovrana è diventata tentacolare, il vero volto del potere nelle società democratiche liberali, senza che ci sia riprovazione o che si cerchi di metterla sotto controllo. Piacere e colpire è la regola su cui poggia. La stessa legge che dai tempi di Corneille, Molière e Racine ha governato e legittimato nel teatro il primato del piacere suscitato nel pubblico, per generalizzarsi tre secoli dopo nell’universo mondo, insinuata nell’economia del consumo e nella politica.
«Ovunque – spiega Lipovetsky – lo scopo è quello di piacere e commuovere, sollecitare le emozioni, catturare i desideri e gli affetti». Tentare, incitare ininterrottamente al consumo compulsivo il consumatore con il sempre nuovo, «affascinare l’elettore, lusingare le passioni collettive meno lusinghiere e ciò al fine di avere la meglio sugli avversari, conquistare il potere e conservarlo». Così il marketing politico spettacolare «vende personalità, crea notorietà piuttosto che visioni del mondo», mette in scena la vita privata dei politici, nei talk show, nelle piazze e sulle copertine delle riviste, per avvicinarli alla gente comune, generare simpatia, in realtà vendendoli ai cittadini consumatori d’immagini.
Nella politica spettacolo nulla viene lasciato al caso, non l’informalità, non i vezzi del look, neppure quella che Lipovetsky chiama la «retorica incendiaria» che fa da contrappeso alla politica compassionevole. È la seduzione del politicamente scorretto giocato a suon di eccessi, violenza verbale, volgarità, di quei discorsi oltraggiosi che hanno fatto per esempio la fortuna di Trump, il cui carisma «non si basa sulla virtuosità della parola ma sui discorsi poco strutturati, su una retorica pubblicitaria fatta di formule scioccanti e grossolane, esprimendo un iperindividualismo narcisistico e aggressivo ».
Un mix di elementi che ha trasformato la sua campagna elettorale in un grande show che, per quanto brutale « ha sedotto un elettore bianco e anziano, poco istruito, di mezzi modesti, amareggiato, ostile alla élite economiche, politiche e culturali » . Ma se la politica non fa più sognare, anzi ha perso credibilità e forza di attrazione – sottolinea Lipovetsky – è anche responsabilità dell’impegno dei politici a sedurre gli elettori con promesse ingannevoli e ricette miracolistiche.
Una scelta che apparentata al gioco dei social dei like e dei tweet rende però la magia della simpatia dei leader fragile e a breve scadenza. Come si capisce il tempo della seduzione sovrana e irresponsabile con tutte le sue ricadute sulla nostra vita sociale e culturale non è quanto di meglio si possa sperare ancora per il futuro, neppure quell’utopia o almeno quell’obiettivo ambizioso che ci si augura per l’umanità ma, conclude Gilles Lipovetsky, ma da qui si po’ ripartire se non per sovvertirla almeno per emendarla. Instillandole degli anticorpi utili a promuovere modi di vita creativi più umani e di senso. E per fare questo bisogna scommettere sull’educazione, su una scuola ambiziosa che alzi gli obiettivi, sappia elevare le risorse intellettuale e far crescere passioni ricche e buone delle nuove generazioni. Mica facile.