
Antonio Canova, “Vaso cinerario della contessa Louise von Callenberg” - Museo Diocesano di Padova
Rinasce dalle ceneri di una donna il Museo diocesano di Padova. La mostra “Il Canova mai visto”, a cura del direttore Andrea Nante, con Elena Catra e Vittorio Pajusco, aperta fino all’8 giugno, ha infatti come elemento centrale il Vaso cinerario di Louise von Callenberg, proprietà della parrocchia degli Eremitani in Padova, originariamente collocato negli spazi esterni della chiesa. L’opera in marmo, realizzata da Antonio Canova tra il 1803 e il 1807, era stata data per distrutta durante i bombardamenti del marzo 1944, che compromisero seriamente il complesso degli Eremitani. « Averla ritrovata e, tutto sommato, abbastanza integra, c’ha profuso proprio un senso di rinascita - dice Andrea Nante -. L’arte allora ci propone anche una riflessione sull’azione distruttiva della guerra. Non si tratta solo di mettere al riparo dei pezzi di marmo o tele, o affreschi, ma di preservare un’identità collettiva, perché il loro danneggiamento è una ferita che rimane nelle comunità». Al centro del Salone dei Vescovi, vi è la ricostruzione dell’intero monumento funerario della contessa tedesca, all’epoca progettato e realizzato dall’architetto Giannantonio Selva e dallo scultore Domenico Fadiga. È composto da un cippo a sostegno dell’urna - unica urna cineraria realizzata dal Canova -, su cui campeggiava una scritta attribuibile a Johann Wolfgang von Goethe, una stele con l’epigrafe redatta dall’abate Stefano Antonio Morcelli e sette candelabri con altrettante iscrizioni di personaggi illustri. Così la von Callenberg (1752-1803), «clavicembalista di gran fama », donna colta e assai piacevole, assidua frequentatrice delle maggiori corti europee, fa lavorare al suo capezzale tanti personaggi della società aristocratica e intellettuale del tempo. Riposa all’ombra di un’installazione realizzata dall’artista Valeria Carmignan che, pur non avendo nulla dell’elemento naturale, rende eterno il cipresso che la proteggeva davvero dal sole nel cimitero dietro la chiesa degli Eremitani, e che sarà insignito del riconoscimento di albero monumentale della Città di Padova. Luce anche su un’altra grande donna, esperta di filosofia e letteratura, pittrice indipendente, svizzera di origine, ma italiana di adozione, Angelica Kaufmann, di cui è esposto il ritratto di Canova. Sono, poi, presenti gessi canoviani provenienti dalla Gipsoteca di Possagno (Treviso), il ritratto del senatore Abbondio Rezzonico, nella cui villa di Bassano del Grappa (Vicenza) la von Callenberg morì improvvisamente il 29 agosto 1803, vedute inedite della città che mostrano il luogo dov’era collocato il monumento funebre e la distruzione seguita ai bombardamenti, e numerosi volumi dell’epoca che ne hanno tramandato l’immagine. E poi una chicca che dimostra la passione di Antonio Canova per le monete romane imperiali, per lui anche fonti iconografiche. Un bellissimo mobile-cassaforte custodisce 3.593 monete, in argento e in bronzo, e 261 esemplari, rarissimi, di cotroni consolari e dell’Alto Impero, una collezione probabilmente iniziata da lui e poi portata a termine dal fratello uterino Giovanni Battista Sartori Canova, di cui ricorrono i 250 anni della nascita, che egli donò al seminario di Padova dove aveva studiato. La mostra, organizzata dalla Diocesi di Padova, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, e le province di Belluno Padova e Treviso, enfatizza il legame dello scultore di Possagno con la Città di Padova, e festeggia il Giubileo del Museo diocesano, a venticinque anni dalla sua apertura al pubblico.