Due esemplari di alpaca - Smithsonian Institute / CC0
Sotto due bicchieri rovesciati ci sono rispettivamente uno e sette croccantini. L’imbonitore sposta vorticosamente i bicchieri sul tavolo. Il volontario sceglie quello alla sua destra indicandolo con l’arto corrispondente: un solo croccantino. «Meglio di niente», e lo mette in bocca. Ma l’imbonitore alza subito l’altro bicchiere e mostra sette croccantini. «Ah, mi sono sbagliato, prendo questo» e punta l’arto sinistro mentre sputa il croccantino precedente. Il breve video, comparso sul Web, mette di buon umore e lo si guarda in loop. In realtà, il volontario non parla, ma esprime i messaggi con eloquenti espressioni del... muso. Perché stiamo parlando di un golden retriever e non di un bambino.
Anche per Giorgio Vallortigara, che ha rilanciato le immagini, si tratta di un esempio di intelligenza, caratterizzata dalla capacità di ripensarci. Il famoso etologo è uno sperimentatore rigoroso (si veda il suo recente Il pulcino di Kant, (Adelphi), in cui illustra le sorprendenti conoscenze innate dei gallinacei) e non è convinto dalla scienza fai-da-te del comportamento animale. Eppure, mille filmati ogni giorno ci fanno divertire esattamente perché cani, gatti, scimmie, elefanti, pappagalli, delfini e polpi apparentemente agiscono come noi e la cosa, in genere, ci fa tenerezza come se fossero un cucciolo umano che esplora il mondo. Dalla prospettiva etica, il punto è che probabilmente in passato la convivenza con le altre specie era filtrata dall’idea di una inferiorità degli animali, ritenuti entità totalmente asservibili e sfruttabili.
Oggi, il nostro sguardo sta cambiando. Il cerchio morale si sta allargando, direbbe Peter Singer, il filosofo di Princeton che con il suo Liberazione animale (il Saggiatore) ha dato vita nel 1975 a un movimento mondiale, illuminando gli abusi negli allevamenti intensivi e nei laboratori di ricerca. Le tesi di Singer sulla sensibilità degli animali hanno ricevuto crescenti conferme e quel libro ha contribuito a convincere milioni di persone. Ma la situazione degli animali è per molti versi peggiorata, dice ora Singer, nella nuova versione dell’opera – Animal Liberation Now, uscito da pochi mesi. Si consideri, per esempio, l’impatto del consumo di carne sul clima e la diffusione di pericolosi virus per gli stravolgimenti degli habitat naturali.
L’utilitarismo, da Bentham a Mill, ha una lunga tradizione di rispetto di tutte le specie in quanto possono provare dolore e piacere. Il criterio funzionalista è quello della senzienza, la capacità di provare stati sgradevoli o gratificanti, laddove bisogna ridurre i primi e massimizzare i secondi. Per questo Singer difende un animale sano ma ammette l’aborto e l’interruzione delle cure ai malati in stato vegetativo (ed è stato pertanto oggetto di forti contestazioni).
Una proposta innovativa viene adesso da Martha C. Nussbaum, un’altra voce autorevolissima della filosofia contemporanea, docente alla University of Chicago, e autrice, tra l’altro, di La fragilità del bene. Sappiamo che tutti i vertebrati e molti invertebrati «provano dolore in modo soggettivo e hanno una visione soggettiva del mondo: vedono il mondo come qualcosa di reale». Provano sensazioni e non reagiscono semplicemente come automi. Se ne può trovare un racconto straordinario nel libro di Carl Safina Animali non umani (Adelphi), dove possiamo seguire capodogli, are scarlatte e scimpanzé realizzare complesse costruzioni relazionali che ci riportano specificamente alla famiglia, alla bellezza e alla pace. La seconda premessa fattuale di Nussbaum è evidente: «Nessun animale non umano sfugge alla dominazione umana, che il più delle volte infligge agli animali un danno ingiusto: attraverso le barbare crudeltà dell’industria della carne, il bracconaggio e la caccia alla selvaggina, la distruzione degli habitat, l‘inquinamento dell’aria e dei mari o l’abbandono degli animali domestici o da compagnia». Negli ultimi due secoli la dominazione umana è aumentata in maniera esponenziale. Il coinvolgimento in pratiche che nuocciono agli animali ormai coinvolge di fatto ogni essere umano, tranne forse poche popolazioni che non partecipano all’inquinamento del Pianeta. Che fare dunque?
La studiosa, in un libro appena tradotto, raffinato e complesso quanto leggibile e colmo di sensibilità (Giustizia per gli animali. La nostra responsabilità collettiva, il Mulino, pagine 426, euro 36,00), estende l’Approccio delle Capacità a tutte le specie senzienti, cioè tutte quelle che hanno percezione del mondo e orientano i propri sforzi a quello che è bene per sé; hanno desideri e intenzioni e, quasi certamente, emozioni (ciò che sembra più scontato a un esame attento non lo è; alcune teorie accreditate, come quella di Lisa Feldman Barrett, attribuiscono gioia e paura, sorpresa e dispiacere solo a chi è capace di integrare concetti astratti e aspettative sociali con reazioni fisiologiche). Una tesi neo-aristotelica nelle parole di Nussbaum: gli animali sono creature complesse che si sforzano di raggiungere i loro fini caratteristici con l’ausilio della percezione, dell’immaginazione e del pensiero, oltre che di desideri ed emozioni di vario tipo. Come lo sappiamo? Da come sono fatti fisicamente e da come si comportano.
L’approccio delle capacità, sviluppato con l’economista Amartya Sen, è ormai molto conosciuto come alternativo agli altri metodi di valutazione dello sviluppo umano, a partire dal Pil. Nella curvatura di fioritura dell’individuo impressagli da Nussbaum, si afferma che «una società è anche solo minimamente giusta a patto che assicuri a ogni singolo cittadino una soglia minima di capacità centrali, definite libertà sostanziali, ovvero opportunità di scelta e di azione in ambiti della vita che le persone hanno motivo di valorizzare». Sono diritti fondamentali che permettono di scegliere il proprio percorso esistenziale grazie a un’emancipazione materiale. Si va da vita, salute e integrità fisica a sentimenti, appartenenza e controllo del proprio ambiente, passando per pensiero e gioco. Per gli animali, si tratta di permettere di vivere in un contesto naturale non contaminato, secondo i propri “istinti” o piani vita, di evitare il dolore gratuito e lo sfruttamento indiscriminato. Un argomento filosofico poderoso che chiama a scelte personali impegnative. Alla sua luce, allevamenti intensivi e caccia sono moralmente inaccettabili e da bandire senza eccezioni. Poi si può procedere per gradi. Ma con la sua riflessione, Nussbaum ha già compiuto un grande balzo in avanti.