lunedì 2 settembre 2024
Entrambe, nel massimo grado, sono esperienze di soglia: ma che cosa è accaduto loro nella contemporaneità?La ragione moderna ne ha preso le distanze, ora tornano sotto forme nuove
Particolare della Santa Cecilia di Simone Vouet

Particolare della Santa Cecilia di Simone Vouet

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Pubblichiamo alcune pagine dell’introduzione di Pierangelo Sequeri a Canone musicale del sentire (Vita e Pensiero, pagine 504, euro 35), nuova edizione riveduta e ampliata di Musica e mistica. Il volume, che sintetizza il profilo teorico essenziale della tesi sulla musica dell’autore, costituisce l’undicesimo volume dell’Opera omnia del teologo e musicologo nonché musicista.

Il mio interesse è selezionare con particolare evidenza i punti della storia in cui la “musica”, come esteriorità creativa del significante sonoro, e la “mistica”, intesa come esperienza fusionale dell’intimità assoluta scoprono – o addirittura cercano – la loro affinità: o addirittura la loro sovrapposizione.

Lo speciale interesse per questo particolare azzardo della sovrapposizione fra esperienza musicale ed esperienza spirituale sta proprio nel fatto che qui la musica tocca il suo punto di massima intensità della propria autonoma potenza spirituale e, al tempo stesso, la soglia del suo passaggio ad “altro” da sé: che non è più semplicemente musica. Diventa esperienza di interiorità della coscienza umana, varco di enigmatica trascendenza dello spirito umano. Nella nostra cultura “laica” (ma anche in quella religiosa) l’associazione conserva una vaga inerzia “romantica”: la spiritualità della musica che apre l’anima al trascendente. Ma questa associazione conserva realmente un significato pensabile in termini di “contemporaneità” delle pratiche artistiche e religiose? Difficile, in effetti, immaginare due forme dell’esperienza tipicamente umana dei punti di contatto fra il visibile e l’invisibile più sfuggenti alla presa del concetto. Naturalmente, sono sempre state disponibili – e lo sono tuttora – definizioni di uso corrente dei due domini dell’esperienza. Però, non appena formulate, queste definizioni chiedono di essere interpretate e sviluppate, in riferimento all’esperienza effettiva di ciò che accade quando siamo attirati dentro l’evento dell’esperienza.

La “musica” dei corpi sonori rende fascinosa e intrigante proprio l’azione di un significante che lavora piacevolmente in assenza di significato. Insomma, non ha propriamente un “oggetto”, come la parola, il gesto, la rappresentazione. Eppure apre uno spazio nel reale dell’esperienza che non può più essere richiuso, rattoppato, occupato da qualcos’altro.

Ma che cosa accade realmente nello spazio aperto dalla musica? Che cosa viene alla luce nel tempo occupato dalla musica? La musica ha un’enorme e spontanea potenza di attrazione dello spazio e del tempo in cui appaiono significanti di significati precisamente determinati e intelligibili: si associa alla parola, al gesto e alla rappresentazione, con una facilità che non conosce ostacoli. Il canto, la danza, il teatro musicale sono lì a testimoniarlo. La teoria se n’è occupata con puntiglio, navigando fra gli opposti e persino sovrapponendoli con una specie di atto di forza: la musica può virtualmente significare tutto, ma in sé stessa non significa niente. Il significante e il significato, qui, coincidono, senza residui: la musica significa semplicemente sé stessa.

La “mistica” dei corpi viventi, in modo analogo, è periodicamente nel focus di una decifrazione che cerca di rendere ragione della singolarità di un’esperienza reale dello straniamento del soggetto che, per definizione, viene inquadrata come sospensione dell’esperienza della realtà in cui abitiamo come soggetti.

Stato di sospensione imposto dall’esperienza conturbante del “sublime” (ossia della verticalità incontenibile – verso l’alto o verso l’abisso – dell’oltre il limite del pensiero e dell’azione)? Oppure soglia di accesso all’intimo di un’alterità nella quale siamo beatificati e inghiottiti? “Sentimento oceanico”, “Iperbole erotica”, “Intimità divina”. La “mistica” oscilla fra gli estremi di una de-realizzazione beatificante e di una iper-realizzazione estatica: che paralizza il pensiero e l’azione di ogni progetto storico della realizzazione di sé, ma, al tempo stesso, è suprema liberazione dai vincoli e dai limiti di ogni necessità del suo adempimento. La teologia cristiana ha cercato di addomesticare e integrare i paradossi di questa esperienza di intimità e di alienazione del senso, universalmente evocata dalle religioni e dalle culture. In ogni epoca ha cercato di fornire un punto di contatto fra la rivelazione storica di una fede che fa appello all’autodeterminazione della coscienza credente: che mantiene la giusta distanza e coltiva l’intima prossimità del divino e dell’umano.

La ragione moderna (illuministica, razionalistica, scientifica), ha preso decisamente distanza dal privilegio romantico accordato alla musica, la cui potenza di significazione spirituale e di trasformazione dell’interiorità è precisamente connessa con la sua inafferrabilità per la ragione.

La reazione postmoderna all’aridità spirituale di una ragione (moderna) ossessivamente normativa e calcolante prosegue in certo modo la protesta romantica. Ma con segno opposto: e addirittura “anti-romantico”. Non cerca infatti la trascendenza verso le regioni celesti dello spirito, bensì nelle profondità generative della materia. La sua musica vuole sperimentare il contatto con le radici dell’universo attraverso il contatto con la vibrazione originaria dei corpi, la materia sottile della psiche, la danza aleatoria delle particelle infra-atomiche del suono e del senso. Una “mistica” anche questa, insomma, della materia invece che dello spirito: una fusione con l’origine che la musica, meglio di ogni altra performance artistica, è in grado di intercettare e di portare allo scoperto. Emozione del puro significante, prima e oltre ogni significato.

In tale contesto, la “mistica”, già confinata dalla teologia nella marginalità di un’eccezione tollerata, assume un’intonazione dispregiativa, come spazio dell’irrazionale visionario e dell’alienazione patologica. La reazione “romantica”, che doveva contrastare polemicamente questa contrapposizione, finisce in realtà per rinforzarla spavaldamente. Proprio su questo crinale gioca le sue carte la lotta per una “nuova” musica: ruolo in parte riconosciuto, ma anche in gran parte sottovalutato.

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