Voler restare fuori e contro, volutamente, per motivi ideologici, da tutti i patti e le reti scientifico/ambientali, è una critica costante, aspra, che viene fatta ad Hamas anche in questi giorni da parte dell’Autorità Palestinese. In prima persona dal suo presidente Abu Mazen. Le grandi energie di gas vicino alle coste di Gaza sono, infatti, le uniche non sfruttate. Che fare? Come riuscire a cooperare? Intanto l’ente statale dell’acqua israeliano (Water National Career), sta realizzando con l’Autorità palestinese a Gerico nuove, ingegnosissime reti «idrico-informatiche» che fanno rivivere quelle campagne dalla memoria biblica.Netafim («creare l’irrigazione») è denominato il progetto che si sta applicando, proprio in questi giorni, nelle campagne palestinesi. Creato dagli israeliani già a metà degli anni Sessanta del Novecento, costituisce l’irrigazione "goccia a goccia", controllata da software, che ha rivoluzionato l’agricoltura di quelle aree aride, e il progetto riesce ad economizzare l’acqua e la canalizzazione diffusissima e controllabile perfettamente. Questa tecnologia permette agli agricoltori di compilare e di analizzare i dati delle irrigazioni e di decidere in funzione delle condizioni climatiche quali misure prendere per ottimizzare i raccolti.Proprio nei giorni in cui ero là, c’erano delegazioni di chimici e tecnici brasiliani, francesi e nordamericani. Seguivano corsi di formazione nelle differenti facoltà di Agraria nei centri universitari israeliani e palestinesi.E in questi giorni del dopoguerra del terribile agosto a Gaza, nuove triangolazioni ed accordi economici sorgono tra Israele e alcuni Paesi arabi. Nuove alleanze scientifiche ed energetiche, tra Giordania, Israele, Egitto ed Arabia Saudita. Sia con iniziative private – Goldman Sachs ha pianificato investimenti di 500 milioni di dollari insieme alle grandi finanziarie saudite – sia con iniziative pubbliche, come la creazione di una nuova società statale giordana per l’estrazione e la distribuzione del gas, lontano dalle coste israeliane e con forte partecipazione azionaria dello Stato ebraico.«Dal grande commercio del suk alla finanza globale»: così recita un rapporto di Goldman Sachs che circola nei think-thanks universitari legati al Technion di Tel Aviv. Queste iniziative crescono rapidamente nel dopoguerra di Gaza, anche per il permanere del boom economico negli Emirati del Golfo arabo e nel sud-est asiatico, dove già, per la prima volta, finanza ebraica e finanza araba agiscono insieme. Come dichiara alla stampa israeliana Daud Bakar, chairman del Consiglio per l’applicazione della Sharia araba della Malesia, sostenendo che c’è la necessità di misurarsi, come finanza islamica, in campo aperto, senza nessuna prevenzione. Il tutto è stato valorizzato dalla Abu Dhabi Islamic Bank e da altre realtà finanziarie per stringere nuove reti e nuovi patti di alleanze con le grandi realtà di Wall Street.Le università in Israele sono sempre più collegate alle ricerche energetiche del gas scoperto in grandi quantità dirimpetto alle coste, non solo israeliane, ma anche cipriote, e anche – sembra un paradosso – di fronte a Gaza ed in Egitto. Nel gergo energetico Progetto Leviathan indica i luoghi dei grandi giacimenti off-shore di gas israeliano che rappresentano un’importante sfida per chi gestirà l’estrazione delle nuove risorse energetiche trovate vicino alle coste di quei Paesi.
Infine, il post-guerra rispetto agli stili di vita quotidiani in Israele. Al Samuel Neaman Institute del Politecnico di Haifa è stata elaborata una sorta di mappa in relazione alle dinamiche innovative, scientifiche, alle innovazioni economiche, ambientali ed energetiche. I dati di alcuni centri di ricerca europei, come il Global Cleantech Innovation Index, che monitorano i comportamenti dei consumatori israeliani, indicano per il 2014 Israele ancora tra i primi nelle dimensioni dell’innovazione, dell’economia e dell’ambiente, coincidendo con i dati del Technion di Haifa.Però si rileva in queste analisi un forte gap in Israele tra le aree di business a bassa tecnologia e i settori high-tech che crescono per conto loro, ma non "fertilizzano" le aree rimaste arretrate. In più queste ricerche fanno notare come molti distretti biotecnologici israeliani formino una specie di exit nation, cioè sono letteralmente comprati da grandi multinazionali estere. L’esistenza di due Israele, per quanto riguarda scienza ed ambiente, non può essere stabile a lungo; col tempo un settore potrà "divorare" l’altro, proprio come successe con le pecore nel sogno di Giuseppe.