venerdì 10 gennaio 2025
L’inquinamento da piombo nell’antica Roma ha avuto un impatto negativo sul quoziente intellettivo e sulle capacità cognitive della popolazione europea
Un campione di ghiaccio analizzato dal Dri

Un campione di ghiaccio analizzato dal Dri - Dri/Sylvain Masclin

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L’inquinamento da piombo nell’antica Roma ha avuto un impatto negativo sul quoziente intellettivo e sulle capacità cognitive della popolazione europea. A scoprirlo è uno studio del Desert Research Institute (Dri), in Nevada, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”. Alla base della ricerca, le carote di ghiaccio: lunghi cilindri che, in questo caso, sono stati estratti dalla calotta polare artica e che rappresentano un archivio unico di informazioni sul passato. Al loro interno sono intrappolate delle bolle di gas che forniscono dati sulla temperatura e sull’attività solare e vulcanica del periodo in cui si sono formate. Sapere la data di un’eruzione, per esempio, consente di riconoscerne con precisione le tracce lasciate nel ghiaccio. Inquinanti come il piombo, invece, offrono dettagli sull’attività mineraria e industriale. In questo modo, è possibile delineare la condizione dell’atmosfera in una determinata epoca e i suoi potenziali effetti sull’essere umano.

Nello specifico, gli studiosi del Dri hanno esaminato le registrazioni relative a tre carote di ghiaccio per individuare i livelli di inquinamento da piombo nell’Artico tra il 500 a.C. e il 600 d.C. Questo periodo comprende anche l’ascesa della Repubblica romana e la caduta dell’Impero, inclusi i due secoli di maggior splendore della Pax Romana. I ricercatori hanno analizzato gli isotopi di piombo nel ghiaccio, impiegando tecniche di modellazione computerizzata per tracciare i livelli di inquinamento atmosferico. Correlando l’esposizione al piombo al declino cognitivo, hanno riscontrato probabili riduzioni del quoziente intellettivo di almeno due o tre punti tra la popolazione europea. L’ipotesi più accreditata è che la principale fonte di inquinamento nel periodo preso in esame sia l’attività di estrazione e fusione della galena, il minerale del piombo da cui deriva l’argento. Questo processo produttivo emette nell’atmosfera un’elevata quantità di inquinanti, che hanno lasciato tracce nel ghiaccio.

In particolare, dallo studio è emerso che l’inquinamento da piombo iniziò durante l’età del ferro e raggiunse il primo picco alla fine del II secolo a.C., all’apice della Repubblica romana. Con il successivo periodo di crisi, i livelli di piombo si abbassarono drasticamente per poi risalire intorno al 15 a.C., dopo la fondazione dell’Impero, e rimanere elevati fino alla peste antonina (165-180 d.C.). Stando ai risultati della ricerca, più di 500 chilotoni di piombo sono stati rilasciati nell’atmosfera durante i duecento anni di maggior prosperità dell’Impero romano.

Ghiaccio nel carotiere durante la perforazione della calotta glaciale della Groenlandia

Ghiaccio nel carotiere durante la perforazione della calotta glaciale della Groenlandia - Dri/Joseph McConnell

«Questo è il primo studio a prendere una registrazione da una carota di ghiaccio e a invertirla per ottenere concentrazioni atmosferiche di inquinamento e, quindi, valutare gli impatti sugli esseri umani», afferma Joe McConnell, docente del Dri e autore principale della ricerca. Il suo Ice Core Laboratory ha trascorso decenni a esaminare colonne di ghiaccio, lunghe fino a tre chilometri e mezzo, estratte dai terreni della Groenlandia e dell’Antartide. Vent’anni fa, McConnell ha cominciato a sviluppare questi metodi per studiare la storia recente, e gli archeologi si sono rivolti al professore per applicare le stesse tecniche al periodo romano.

I livelli di inquinamento da piombo raggiunti durante l’Impero furono superati nell’Artico soltanto nell’Alto Medioevo, all’inizio del II millennio. Nel XX secolo, invece, gli agenti nocivi provenivano prevalentemente dalle emissioni dei veicoli che bruciavano benzina al piombo. Dopo le limitazioni al suo utilizzo, introdotte con il Clean Air Act approvato negli Stati Uniti nel 1970, i livelli di piombo monitorati nel sangue umano calarono notevolmente. Nonostante questi miglioramenti, gli studiosi hanno riscontrato danni alla salute e allo sviluppo cognitivo, soprattutto nei bambini nati tra il 1950 e il 1985. «È diventato sempre più evidente agli epidemiologi e ai medici quanto il piombo sia dannoso per lo sviluppo umano», afferma McConnell. Negli adulti, una prolungata esposizione al piombo è collegata a infertilità, anemia, perdita di memoria, malattie cardiovascolari, cancro e ridotta risposta immunitaria. Nei più piccoli, invece, anche brevi periodi di esposizione possono causare l’abbassamento del quoziente intellettivo e difficoltà a concentrarsi e a ottenere buoni risultati scolastici.

«È noto che il piombo ha un’ampia gamma di impatti sulla salute umana, ma abbiamo scelto di concentrarci sul declino cognitivo perché è qualcosa su cui possiamo dare un numero – afferma il coautore dello studio Nathan Chellman, professore associato del Dri –. Una riduzione del quoziente intellettivo di due o tre punti non sembra molto, ma quando la applichi essenzialmente all’intera popolazione europea, è una cosa piuttosto importante».

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