Il giovane calciatore Mattia Giani - Ansa
Un calcio al cuore e il finale di partita mette a referto: «Un morto in campo». Inutile, siamo sempre più all’ultimo stadio. Si può morire per una partita di pallone? Purtroppo sì. La vittima della domenica si chiamava Matteo Giani, 26 anni, attaccante che con il suo Castelfiorentino United giocava in un campo di periferia dell’Eccellenza Toscana, a Campi Bisenzio (al Ballerini, lo stadio del Lanciotto). Categoria e scenario distante anni luce dalla Serie A dell’amico Gianluca Mancini che ora lo piange sui social e dalle telecamere di Dazn che nello stesso pomeriggio alla Dacia Arena di Udine, dove era in corso Udinese-Roma, inquadravano l’ivoriano giallorosso Evan N'Dicka che al 73’ si accasciava a terra. Per il 24enne difensore romanista, vincitore dell’ultima Coppa d’Africa con la Costa d’Avorio, si è trattato di un malore, probabilmente un trauma da scontro di gioco, a Mattia invece al 14’ di quella che è stata la sua ultima partita il cuore si è “spaccato”.
I suoi genitori e la fidanzata dalla tribuna l’hanno visto provare a calciare verso la porta avversaria e poi portare la mano destra al petto e cadere giù. Inutile la corsa disperara all’Ospedale fiorentino di Careggi, Mattia oggi è morto. Il primo a ricordarlo è stato proprio il compagno di N'Dicka (che dopo una notte di osservazione all’ospedale di Udine sta bene), Mancini: sua sorella è fidanzata con Elia Giani, fratello di Mattia, anche lui calciatore, del Legnago, Serie C. In questa ennesima domenica della salme del pallone sono tanti i legami più o meno sottili che si annodano. Così come quei corsi e ricorsi storici che fanno star male, perché ci ricordano la vulnerabilità degli atleti, non sempre tutelati a livello sanitario.
Udine , 4 marzo 2018, in una stanza dell’Hotel Là di Moret, viene trovato morto il capitano della Fiorentina, il 31enne Davide Astori. Fu morte cardiaca improvvisa dovuta a una cardiomiopatia aritmogena. Sulla fine di Astori c’è un processo in corso. Udine, 14 aprile 2024, mentre Ndika viene portato via in ospedale la memoria di cuoio si ricorda che il 14 aprile del 2012 il centrocampista del Livorno Piermario Morosini si accasciava sul prato dello stadio Adriatico di Pescara e trasportato in ospedale sarebbe morto, anche lui come Astori per una cardiomiopatia aritmogena (forse ereditaria). Venne aperta un’inchiesta anche per la morte di Morosini si indagò sul mancato uso del defibrillatore, per capire se l'apparecchio salvavita forse avrebbe potuto evitare quella tragedia che rimandava alla morte di Renato Curi. Era il 30 ottobre 1977 quando al 52’ il motorino di centrocampo del “Perugia dei Miracoli” di Ilario Castagner, morì davanti agli occhi dei compagni e degli avversari della Juve ntus del Trap. Su un campo zuppo di pioggia (allora Pian di Massiano, poi diventato il Renato Curi) cadeva il primo piccolo eroe esemplare della Serie A, il cui cuore nel precampionato non era stato indagato a fondo dai medici sociali, altrimenti si sarebbero accorti di quella malformazione che a 24 anni lo ha portato via a una moglie e due figli (il secondogenito Renatino sarebbe nato esattamente 9 mesi dopo, il 30 giugno 1978). A differenza di Udinese-Roma di domenica scorsa, Perugia-Juventus proseguì fino al triplice fischio dell’arbitro Menegali di Roma. Negli ultimi quarant’anni le morti in campo non si sono arrestate, anzi, un calcio sempre più veloce e al limite della sopportazione fisica ha aumentato il numero delle vittime. E questo vale per tutto lo sport professionistico in cui l'80% delle morti improvvise sono causate da patologie cardiovascolari.
La categoria atleti è la più esposta, almeno 2,5 volte su 100mila e gli uomini che praticano sport sono 10 volte più a rischio “decesso improvviso” rispetto alle donne. Dal 2006 a oggi in Italia sono stati circa 1.500 i decessi durante l'attività sportiva. L'85% si tratta di amatori (dal ciclismo al calcetto, in aumento i casi di morti in palestra e nel padel) e il 15% i tesserati. Quello di Astori è stato il quarto caso di morte tra i professionisti “top player”, mentre la tragedia di Giani conferma che nel dilettantismo e il mondo degli “amateur” tanto caro a papa Francesco ci si trova dinanzi a una escalation di lutti che spesso non finiscono nelle statistiche ufficiali. Ennesima tragedia che poteva essere evitata? Paolo Gandola, capogruppo di liste di centrodestra al Comune di Campi Bisenzio dove è morto Giani denuncia che «da anni non opera più l'ambulanza medicalizzata, che, in caso di necessità, deve arrivare dai comuni contermini. A che ora è sopraggiunta ieri allo stadio della Lanciotto? Vogliamo vederci chiaro per fare piena luce su questa immane tragedia». Le indagini per far luce su eventuali inadempienze sul pronto soccorso del calciatore del Castelfiorentino sono in corso e intanto la palla avvelenata delle morti in campo rimbalza in Senato. «Cordoglio e solidarietà alla famiglia e alla società, ma è lecito chiedersi se siano solo casi. Presenterò una interrogazione al ministro Abodi», fa sapere la senatrice Viva Daniela Sbrollini, vice presidente della commissione Sanità del Senato e responsabile sport di Italia Viva. Mattia Giani era stato una promessa dell’Empoli del presidente Mario Corsi che lo ricorda commosso e con affetto assieme a tutto il club.
Non era arrivato al calcio che conta, ma la sua memoria va difesa. Per questo la Figc ha disposto un minuto di raccoglimento alla memoria di Mattia Giani prima dell’inizio delle gare di tutte le competizioni in programma dalla giornata odierna e per l’intero fine settimana, inclusi anticipi e posticipi.