venerdì 21 marzo 2025
Esce il primo commentario in italiano (e non solo)ai “Beiträge”, opera del 1936-1937 uscita per volontà dell’autore solo nel 1989e considerata uno spartiacque tre le due fasi del suo pensiero
Martin ed Elfride Petri Heidegger nel luglio del 1973

Martin ed Elfride Petri Heidegger nel luglio del 1973 - Archivio Francesco Alfieri

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Ci sono libri a lungo attesi. Ammantati da allure mitiche, di essi si attende con trepidazione la riscoperta, se dispersi nelle nebbie della storia, o la pubblicazione, se postumi. Sulle loro tracce si lanciano - avidi - bibliofili, archivisti e filologi nella speranza di scovarne qualche anticipazione o stralcio. Di questi testi, nel corso dei secoli, ne sono apparsi numerosi, ma nel Novecento pochi, soprattutto di ambito filosofico. Uno di essi è il celebre Beiträge zur Philosophie, i Contributi alla filosofia di Martin Heidegger. Studiosi del filosofo tedesco e heideggeriani tutti d’un pezzo l’hanno aspettato per molti anni. Anche perché le consegne dell’autore erano stringenti e inaggirabili. Darlo alle stampe non prima del compiersi del centenario della sua nascita, che sarebbe caduto nel 1989. E così avvenne. Il manoscritto a lungo desiderato dalla critica vide finalmente la luce presso l’editore tedesco della Gesamtausgabe, Vittorio Klostermann, nei tempi previsti, per poi uscire in versione italiana solo diciotto più tardi.

In fase di elaborazione già dai primi anni Trenta, Heidegger attese alla definitiva redazione dei Contributi alla filosofia tra il 1936 e il 1937. Nella vulgata corrente avrebbero dovuto essere lo spartiacque tra quello che molti identificano come il primo Heidegger, vale a dire l’autore di Essere e tempo, e il secondo Heidegger, quello della Svolta, la celebre Kehre che si lascia alle spalle l’analitica esistenziale. I Beiträge avrebbero aggirato l’impasse che impediva a Heidegger di sviluppare la terza sezione del suo capolavoro degli anni Venti. Almeno così si pensava di interpretare il cammino di pensiero di colui che, insieme a Ludwig Wittgenstein, è stato il più influente filosofo del secolo passato.

Proprio per questo sui Beiträge, critici e studiosi avrebbero dovuto tuffarcisi a capofitto, considerata la lunga aspettativa. Oggi, a più di trent’anni dalla loro pubblicazione, ci si dovrebbe imbattere quindi in bibliografie sterminate sull’argomento. E invece niente di tutto questo è accaduto. In maniera bizzarra i Contributi alla filosofia non hanno dato impulso alla messe di ricerche aspettate. Sarà per il loro stile di pensiero, per la complessità che li intarsia o per l’essere segnavia di nuove piste di ricerca, non si può dirlo. Ma a prescindere dalla risposta, sta di fatto che a oggi, a quasi vent’anni dalla loro traduzione italiana, ben pochi approfondimenti su di essi si trovano nella lingua del Belpaese e non solo. Ecco perché la pubblicazione, a opera di Morcelliana, di Contributi alla filosofia (Dall’evento). Un commentario (pagine 270, euro 25,00) apre a un bivio. Uno spartiacque tanto più importante se l’attenzione corre al nome dell’autore di questo testo. Friedrich-Wilhelm von Hermann (1934-2022) non è uno studioso qualunque. Egli è stato l’assistente privato di Heidegger tra il 1972 e il 1976, anno della sua morte, benché frequentasse la casa del pensatore di Meßkirch fin dal 1961, quando ancora lavorava al fianco di Eugen Fink. Von Hermann non solo fu nominato dal maestro della Foresta Nera in persona responsabile scientifico della pubblicazione delle sue opere complete ma mise anche ordine al suo lascito, insieme a Elfride Petri Heidegger, la moglie del filosofo, e ne organizzò il trasferimento presso il Deutsches Literaturarchiv di Marbach.

L’assistentato di von Herrmann a casa Heidegger non fu un impegno passivo. La fiducia tributatagli da Heidegger fu tale da consegnargli in lettura il manoscritto dei Beiträge, che per alcuni periodi rimase custodito nel suo ufficio privato. Negli incontri pomeridiani tra Heidegger e von Herrmann, spesso, i due discutevano dei contenuti e dell’architettura del lavoro rimasto non pubblicato per tanti anni e alla cui trascrizione von Herrmann attese a partire dal 1985 per poi curarne l’edizione a stampa secondo i criteri voluti da Heidegger. Ecco perché è un portolano indispensabile per chiunque si addentri nei penetrali dei Contributi alla filosofia il commentario che è ora disponibile nelle librerie per l’editore cattolico bresciano grazie alla traduzione realizzata da Giampiero Arciero e alla curatela di padre Francesco Alfieri, ricercatore presso la Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo, l’università dove per molti anni hanno insegnato Edmund Husserl, Eugen Fink e Heidegger stesso, nonché garante scientifico per Morcelliana dei rapporti con gli eredi e l’editore delle opere del filosofo tedesco.

Il titolo originale del commentario, che peraltro è dedicato da von Herrmann allo stesso Alfieri, è Trascendenza ed Evento. Parole non casuali dal momento che indicano il cuore della prima e seconda via percorsa da Heidegger per elaborare la questione dell’essere. «Qual è la relazione effettiva tra trascendenza ed evento?», si chiede von Herrmann. Se il trascendere, l’oltrepassare l’ente verso l’apertura dell’essere è il tratto fondamentale del Dasein, dell’Esserci, l’apertura dell’essere, la sua verità invece si presenta sotto forma di evento. Ecco perché per von Herrmann, che per anni ha avuto la possibilità di stare a fianco e ascoltare Heidegger, non si tratta di pensare a un primo e un secondo Heidegger ma piuttosto di comprendere che per lui «la prospettiva della domanda della verità dell’essere nella sua relazione con l’essenza dell’uomo non si è rivelata sbagliata quanto piuttosto insufficiente. Nel quadro di questa prospettiva – continua von Herrmann – Heidegger ha evidenziato la necessità di trasferire tale percorso nella prospettiva dell’evento. Non si tratta perciò di saltare da un punto di vista filosofico ad un altro ma di un mutamento immanente». E, precisa l’autore, «gli elementi essenziali della prima via di elaborazione della questione dell’essere sono mantenuti per la seconda via, così che si deve parlare di un’unità complessiva dei due cammini di elaborazione della domanda dell’essere». Solo intendendo così il cammino di pensiero di Heidegger è possibile cogliere il proprium dei Contributi alla filosofia. E dunque «capire come dal carattere di evento della verità dell’Essere risulti il carattere più proprio dell’opera in quanto cammino e via» scandito attraverso le sue parti, la risonanza, il gioco di passaggio, il salto, la fondazione, i venturi e l’Ultimo Dio, ambiti distinti del presentarsi dell’Evento.

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