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Lucio Corsi pubblica oggi il suo nuovo album "Volevo essere un duro" - Foto di Tommaso Ottomano
Lucio Corsi ha conquistato Sanremo (e dal 13 al 17 maggio sarà il turno di Eurovision a Basilea) cantando che voleva essere un duro, ma in realtà è un tipo molto più tosto di quello che appaia. Non lasciatevi ingannare dalla magrezza e dagli abiti vintage del cantautore toscano: la sua naturale poesia e la sua scrittura sono state affinate da anni di gavetta, suonando ovunque, dalla strada ai localini, con gli stessi amici sin dai tempi del liceo. Oggi, a 31 anni, i riflettori sono tutti puntati su di lui, ma con la forza della sua naturalezza Lucio non fa un plissé. «Me la sto vivendo bene, sono felice. Sono circondato da ragazzi che lavorano con me da una vita» spiega. Come il chitarrista e regista Tommaso Ottomano con cui ha scritto e composto tutti i nove brani del suo quarto album, Volevo essere un duro in uscita oggi per Sugar Music.
«Tommaso è un po’ più di un fratello per me, ci teniamo l’un l'altro - racconta a Milano il cantautore maremmano- coi piedi per terra. E poi veniamo tutti dalla zona dove gli alberi nascono e si scavano la fossa: rimangono coi piedi per terra, sbirciano il più in alto possibile durante la loro vita e poi si scavano la fossa proprio lì dove sono sbocciati. Questo già di per sé è un insegnamento: l'importante è essere concentrati sulla musica, sulle cose che mi hanno guidato fin qui e cui tengo». A Lucio Corsi le immagini bucoliche escono così, anche quando parla a ruota libera. Un outsider come lui, fuori dai canoni machisti della trap, nel baraccone sanremese rischiava di essere travisato, invece ha colpito al cuore il grande pubblico dimostrando che la qualità paga. «Tutto questo affetto della gente davvero non me lo aspettavo» ci dice Lucio con un sorriso. Ma adesso i tempi sono più che maturi.
Lo ha dimostrato ieri sul palco dei Bagni Misteriosi di Milano davanti ai giornalisti. Gettato lo zainetto a terra, sistemato da solo i microfoni, Lucio imbraccia una chitarra acustica da battaglia con una lunga crepa e snocciola una dietro l’altra le 9 canzoni dell’album, energico e delicato al tempo stesso, surreale ma concretissimo. Ti prende perché è come ritrovarsi di fronte alle storie d’amore di Ivan Graziani e Venditti dei tempi d’oro, con l’ironia di Lucio Dalla e qualche eco di Bennato, finanche una spolverata di Elvis. Lezioni dal passato assorbite, ma rielaborate in un risultato nuovo e contemporaneo: queste canzoni “non sono altro che Lucio”. Solo un assaggio dei suoi live nei club, al via il 10 aprile da Perugia, dove lui suonerà insieme a una band di 7 persone, cui seguirà il tour “Estate 2025” di 25 nuove date che vanno ad aggiungersi agli “Ippodromi 2025”, il 21 giugno al Rock in Roma, Ippodromo delle Capannelle e il 7 settembre al Milano Summer Festival, Ippodromo Snai San Siro.
«Questo è un disco che parla di infanzia, di amicizia e di amore. È un disco di ricordi veri e falsi, di personaggi del bene e del male, di località, che esse siano prati di margherite o squallide zone industriali». Così Lucio Corsi, presenta il suo nuovo album, sulla cui copertina, come sempre, campeggia un delicato acquerello dipinto da sua madre. «Mia mamma dipinge per hobby da una vita», racconta il cantautore. «Il quadro, senza titolo, risale al 1991, due anni prima della mia nascita. Ognuno può interpretarlo liberamente, come le mie canzoni». Canzoni che segnano una svolta per Lucio Corsi. «In questo album ho cercato una trasformazione soprattutto a livello testuale, cercando di non staccare più di tanto i piedi da terra. Ho cercato di cantare in maniera chiara e diretta di persone, mentre prima raccontavo per metafore attraverso gli elementi naturali e gli animali della mia Maremma».
A popolarle, molti personaggi come Francis Delacroix, stravagante amico fotografo protagonista di uno scatenato un folking blues, Rocco terribile bullo compagno delle medie in Let There Be Rocko che si ispira al primo Vasco e ai Blues Brothers, e Il Re del rave, «un mix di tanti amici che mi affascinavano» aggiunge. C’è anche il mal d’amore perso tra i fumi delle Sigarette o quello tragicomico di Situazione complicata mentre un dialogo con se stesso in Questa vita trae ispirazione, racconta Lucio, da Alberto Fortis e Rino Gaetano.
Ad aprire anche i brani già editi Tu sei il mattino sul tempo che scorre inesorabile, e Nel cuore delle notte, una dolce e classica canzone al pianoforte sull’amicizia in cui rifugiarsi dal buio perché “un amico a volte è come una chiesa”. Oltre a Volevo essere un duro, certificato disco d’oro, secondo a Sanremo e Premio della Critica “Mia Martini”. Dopo la rinuncia di Olly, vincitore del festival, Corsi si prepara a calcare il palco dell’Eurovision: «Ci eravamo preparati alla possibilità. Con Tommaso e il mio entourage eravamo della stessa idea, ovvero di andare. Eravamo in ballo e volevamo continuare a ballare. Andremo lì con lo stesso identico spirito con cui siamo andati a Sanremo: senza fronzoli e fuochi d'artificio. Lo spettacolo lo stiamo preparando ma al centro ci sarà la musica. Andrò dritto, scarno. È la cosa giusta, quella che mi interessa» assicura. Niente di più? «Forse un’armonica».
Ed è in questa sincerità, forse, la chiave del successo di questo giovane uomo che per fare musica ha dovuto lasciare l’amata Maremma: «In provincia si respira pace, che è noia, e viceversa, è un equilibrio sottile ma sono fortunato ad essere cresciuto in campagna, prima o poi devi fare i conti con la noia e il silenzio ed è fondamentale - sottolinea - per fuggire con l’immaginazione». Infine alla polemica lanciata dal marionettista e attivista rom Rasid Nikolic, che riascoltando la sua Altalena Boy, pubblicata nel 2015, si è lamentato dell'uso della parola zingari, Lucio Corsi replica: «Il fatto di poter raccogliere voci di piazza e metterle nelle