Una foto di repertorio del cantautore catanese Franco Battiato, scomparso il 18 maggio scorso a 76 anni
Assente eppure più che mai presente. Ha aleggiato sopra ogni gradone dell’Arena di Verona, sul palco con i tanti colleghi, tra gli orchestrali, nelle vibrazioni delle sue canzoni. Per lasciare a fine concerto l’ultima scia di sé sulle note del suo brano d’addio, Torneremo ancora, proiettato in un filmato mentre passeggia alle pendici dell’Etna, ’a muntagna che vedeva dalla sua casa di Milo e che lo salutò nel giorno del suo funerale con una serie di eccezionali fontane laviche. E piace pensare che sia stato proprio lo stesso Battiato il primo a rispondere idealmente dalla dimensione insondabile in cui si trova all’“Invito al viaggio” che, riprendendo un suo vecchio brano, ha dato il titolo al grande concerto- evento voluto per ricordare lo straordinario e multiforme artista siciliano scomparso lo scorso 18 maggio a 76 anni.
C’erano più di cinquemila persone sugli spalti dell’Arena ieri sera a celebrare, insieme alla Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti (con gli storici sodali di Battiato Carlo Guaitoli alla direzione d’orchestra e pianoforte e Angelo Privitera alle tastiere e programmazione) e ai 53 artisti saliti in devota e rituale successione, l’“essere speciale” invisibile protagonista e ispiratore della maratona musicale. L’evento sarà celebrato con un cd e andrà poi in onda in una versione ridotta prima di Natale su Rai 3 («è la rete che Franco avrebbe scelto» dice il manager Francesco Cattini, deus ex machina dell’evento) con la voce fuori campo di Pif a fare da filo conduttore. «Franco era un’altra cosa rispetto a tutti noi del mondo della canzone - ha detto Gianni Morandi, accolto con un’ovazione dal pubblico dell’Arena per l’esecuzione di Che cosa resterà di me –. Lui era una personalità a sé stante. Per le tematiche che trattava, per la sua originalità, per il suo essere sempre oltre le cose terrene. Ma non era affatto serioso, anzi aveva una capacità di divertirsi e di essere divertente fuori dal comune. Ogni cosa che intraprendeva la faceva al massimo». Tra le tante e commosse esibizioni che hanno incantato oltre alla mezzanotte areniana quella di Morandi è stata una delle più toccanti, con il cantante in splendida forma nonostante il grave incidente alle mani (ustionate) della scorsa primavera. Un omaggio autentico, pieno e totale al geniale artista che spaziava tra i generi e le arti.
Così ecco il jolly Jovanotti (l’ospite lasciato segreto fino all’ultimo) calarsi a modo suo nell’Era del cinghiale bianco insieme al fido Saturnino e Gianna Nannini (insieme a due coriste) cavalcare la paloma con Cuccuruccucu, dopo l’incantevole Stagione dell’amore della Mannoia. «L’ho scelta di getto, non ho avuto alcun dubbio» ci ha confidato prima del concerto Fiorella che in passato ha diviso più volte il palco con Battiato (tra i loro duetti anche la collaborazione per il brano Il movimento del dare presente nel disco omonimo della cantante). «Franco era una persona rara, aveva il pregio di non parlare mai di sé, non ne aveva bisogno».
Ma è stata Alice con ben quattro brani interpretati ( Io chi sono, Prospettiva Nevski e La cura, oltre a Nomadi in duetto con Juri Camisasca, che ha poi eseguito in latino Attende Domine e con Nabil in italiano e in arabo il capolavoro L’ombra della luce) la grande vestale dell’“Invito al viaggio” voluto dallo storico manager di Battiato, Francesco Cattini, ex violinista indicato a Battiato da Giusto Pio, sodale e artefice della sua svolta pop del 1979 ma soprattutto della consacrazione de La voce del padrone. Ed è proprio per celebrare il 40° anniversario di quel disco (il primo a superare la barriera del suono del milione di copie vendute), uscito il 21 settembre del 1981, che è andato in scena ieri questo eccezionale omaggio dei tanti “debitori” musicali e spirituali di Battiato. «Io con Franco ho cominciato la mia carriera addirittura ai tempi di Fetus e Pollution – ci racconta il pianista milanese Roberto Cacciapaglia, che ha eseguito in solo al pianoforte Oceano di silenzio –. Erano i primi anni Settanta, io sul palco con un Battiato scatenato che oggi sarebbe inimmaginabile e irriconoscibile. Con lui ho condiviso percorsi di sperimentazione musicale ma anche e soprattutto di ricerca spirituale, mezzo secolo di profonda amicizia».
Vibra di emozione il pubblico quando Paola Turci fa rivivere da par suo il Battiato indignato e addolorato di Povera Patria e si esalta quando Simone Cristicchi va volare in alto Lode all’Inviolato, eguagliato in potenza evocativa dal capolavoro Il re del mondo proposto da Angelo Branduardi che con Franco aveva condiviso il vertice poetico e spirituale del francescano L’infinitamente piccolo duettando insieme in Il sultano di Babilonia e la prostituta. Si era aperto con la voce di Manlio Sgalambro, il filosofo compagno di viaggio musicale ed esistenziale di Battiato, e la sua “Teoria della Sicilia” l’evento areniano che alle note dei tanti iconici brani del cantautore ha inframmezzato momenti esegetici e letterari con Umberto Broccoli che di Battiato è stato amico e cantore anche radiofonico.
Ma mai avrebbe pensato, l'ex sovrintendente ai Beni culturali di Roma, di risultare suo malgrado co-protagonista dell'unica clamorosa quanto involontaria nota stonata della serata. Erano passate da poco le 23 quando irrompono al suo fianco Vittorio Sgarbi e Al Bano per rendere un loro personale omaggio a Battiato. Al Bano accenna alla lettura di una poesia quando dal pubblico cominciano ad alzarsi sempre più sonori fischi e buu. L'imbarazzo è notevole, lunghissimi istanti di generale costernazione. Sgarbi inizia a parlare, ma è costretto a zittirsi subito facendo solo in tempo a elogiare sua sorella Elisabetta presente all'Arena con gli Extraliscio, che si erano esibiti in una rivisitazione di Voglio vederti danzare. Sgarbi lascia indispettito il palco lanciando verso il pubblico un amaro “vi voglio bene”, mentre Al Bano prova a ribaltare la situazione chiedendo al pubblico se quei fischi andassero interpretati all'americana (cioè di consenso) o all'italiana. Purtroppo però gli Stati Unti erano assai lontani da quella parte di platea che non aveva gradito l'incursione fuori programma e non prevista nemmeno dagli organizzatori. Così lascia anche Al Bano e Broccoli riprende le sue escursioni sulle ispirazioni musicali e letterarie di Battiato, tra il poeta Rumi, Jager e il filosofo Gurdjieff, per ricordare poi le compiante muse vocali Milva e Giuni Russo.
Arrivano nuove altezze sublimi e sfrenati ritmi, come Shock in my town dei Bluvertigo, con Morgan a sorpresa sul palco con il suo ex gruppo dopo aver eseguito Come un cammello in una grondaia. Si chiude una maratona terminata all'una e mezza di notte dopo la grandiosa Up patriots to arms nella potente rilettura (con un omaggio sonoro a Fetus) dei Subsonica, prima delle commoventi immagini di Battiato che passeggia sui crinali dell'Etna a evocare un altro misterioso viaggio, al cui Invito ha risposto varcando per sempre la “porta dello spavento supremo”.