martedì 25 giugno 2019
Le associazioni del mondo femminista e gay ribadiscono l’altolà all’aperturismo della Cgil. «Inaccettabile la mercificazione del corpo». E spunta un ufficio del sindacato “gestito” dai radicali
Il "fronte del no": foto da Vatican News

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Un «no» "senza se e senza ma" all’utero in affitto, alla mercificazione del corpo delle donne, ai bambini trafficati o regalati. Un «no» che vale doppio, visto che piove sulla Cgil proprio da sinistra, da associazioni femministe e gay (Se non ora quando-Snoq Libere, Unione italiana donne-Udi, ArciLesbica, Resistenza all’utero in affitto, RadFem Italia, Differenza Donna, Rete giù le mani dai bambini e dalle donne, Giuriste in Genere, Rete gay contro l’utero in affitto). Un altolà al sindacato di Landini che il 19 giugno ha ospitato un convegno dell’associazione Luca Coscioni e dello stesso ufficio Nuovi diritti della Cgil, per lanciare due proposte di legge di legalizzazione delle donne come incubatrici.

A replicare alla fuga in avanti della Cgil era già arrivata la lettera aperta a Landini, firmata da Daniela Dioguardi, Alessandra Bocchetti e Giovanna Martelli, che ha raccolto rapidamente quasi 300 adesioni. Oggi un’altra presa di posizione contro l’"aperturismo" della Cgil, nell’incontro promosso dalle suddette sigle, con la partecipazione anche di esponenti moderati ed esterni al mondo femminista di sinistra: la segretaria Cisl Annamaria Furlan, l’ex eurodeputata dem Silvia Costa, la deputata di Alternativa Popolare ed ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il direttore di Avvenire Marco Tarquinio.

«Lo sconcerto per la scelta della Cgil – sostengono i promotori – è cresciuto quando si è appreso che l’incontro era l’occasione per l’annuncio di due proposte di legge volte alla depenalizzazione». I promotori registrano che Landini è corso ai ripari dicendosi «contrario alla mercificazione e alla "riduzione della persona a oggetto"».

«L’utero in affitto è una violenza verso le donne e i bambini – dice Serena Sapegno di Snoq Libere – e una frammentazione della maternità tra ovodonatrici e ovoportatrici. Proporre alle giovani donne che vogliono fare figli la surrogata è uno schiaffo in faccia. È questa la risposta al declino della natalità?». Sapegno giudica «ambiguo l’appello alla scienza e al suo uso spregiudicato» fatto dai fautori dell’utero in affitto che ricorrono all’ideologia del "tutti i diritti per tutti"». E critica anche l’uso di «paroline magiche come autodeterminazione e dono. Una donna che scegliesse di essere schiava ci fa legittimare la schiavitù? E il dono qui non c’entra nulla, è un grandissimo mercato».

Giovanna Martelli, ex deputata di sinistra, ricorda come «le condizioni socioeconomiche e la povertà educativa sono terreno fertile per pratiche di abuso». Urge quindi una campagna «contro la mercificazione delle donne, che va dalla surrogata alla legalizzazione della prostituzione». Per Vittoria Tola dell’Udi «il governo della libertà di scelta sulla maternità va affrontato sul piano economico, del welfare, ma anche della responsabilità e del senso del limite». In India e sud-est asiatico l’utero in affitto «non è un problema di scelte, ma di denaro e di ricchi intermediari».

Aurelio Mancuso, di Rete gay contro l’utero in affitto, ricorda come «per la comunità lesbica, che proviene dal movimento delle donne, c’è una riflessione maturata da decenni, mentre nella comunità gay maschile la maternità surrogata ha fatto scivolare il desiderio in diritto. Ma il mio desiderio di essere tutto e il contrario di tutto conosce un limite nella società, nella tutela dei minori, nella Costituzione».

La genesi di una posizione così poco femminista nata in seno alla Cgil prova a ricostruirla Vittoria Tola dell’Udi: «L’Ufficio nuovi diritti della Cgil è tradizionalmente affidato a esponenti radicali. Landini ha detto che il sindacato non ha discusso questo tema e non è stato coinvolto nella preparazione della conferenza» pro-utero in affitto. «Lo sportello nuovi diritti era nato nella Cgil per dare sostegno ai lavoratori discriminati per il loro orientamento sessuale – ricorda Mancuso – ma avendo in realtà poco da fare perché riceveva ben poche denunce, cominciò a riconvertirsi sulla tutela delle cosiddette sex worker. Di fatto è un ufficio affidato a esponenti radicali per introdurre nuovi temi nel sindacato dei lavoratori».

Anche il Coordinamento nazionale donne Acli ha aderito all'iniziativa a contrasto della pratica della maternità surrogata promossa di Se non ora quando - libere. “La pratica della surroga, che in Italia è reato, ci indigna soprattutto per la riproposizione di un modello femminile legato esclusivamente allo sfruttamento e alla mercificazione del corpo. - afferma Agnese Ranghelli, responsabile del Coordinamento Donne Acli - Da sempre, come donne delle Acli, siamo impegnate a combattere le tante forme di mercificazione del corpo della donna e la maternità surrogata fa esattamente questo: è una subdola forma di violenza perpetrata da persone che possono permettersi di spendere ingenti somme di denaro per questa compravendita di mamme e bambini. Non si tratta di un giudizio sul legittimo desiderio di maternità e paternità di tante persone che, per vari motivi, non possono generare figli: siamo ben consapevoli di tutte le difficoltà cui si va incontro in questa situazione. Tuttavia, ci sono molti modi per essere generativi, dall’adozione, anche a distanza, all’affido, allo stesso impegno sociale e nel volontariato”.

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