Nonostante i progressi degli ultimi anni è molto difficile che si arrivi in tempi brevi a diagnosi fatte interamente sulla base del solo Dna del paziente. Lo afferma uno studio pubblicato su Science Translational Medicine, secondo cui l'analisi del genoma nella maggior parte dei casi non è in grado di prevedere l'insorgere di una malattia.
Lo studio coordinato dalla Johns Hopkins University di Baltimora si è basato sull'analisi di quasi 54 mila gemelli identici degli Usa e di diversi paesi del nord Europa, le cui cartelle cliniche contenevano dati sulla presenza di 24 diverse malattie: "I gemelli identici hanno lo stesso Dna - spiegano gli autori - quindi dal loro studio si può verificare quanto la presenza di una variante può predire una malattia".
Dal modello matematico sviluppato per lo studio è emerso che la capacità di previsione del Dna è scarsa, e che i soggetti avevano un rischio nella media per la maggior parte della malattie: "C'è anche qualche risultato positivo - aggiungono gli autori - il 90% dei soggetti può scoprire che è ad alto rischio per almeno una malattia, e il sequenziamento del Dna può, almeno in teoria, identificare fino al 75% di coloro che svilupperanno l'Alzheimer, una malattia della tiroide, il diabete di tipo 1 e, per gli uomini, le malattie cardiache".
Secondo gli esperti gli studi sul genoma più che fornire diagnosi personalizzate, rese difficili dal contributoambientale, servono a capire come funzionano le malattie, e a sviluppare terapie adeguate. Un aiuto in questo senso può venire dalla decisione del National Institutes of Health statunitense di mettere a disposizione di tutti su Amazon i dati del progetto '1000 genomes', che contengono le informazioni diquasi 1700 pazienti.