martedì 7 gennaio 2025
Continua l’aumento delle interruzioni di gravidanza. La sentenza della Corte Suprema che nel 2022 aveva cancellato il diritto federale non sta restringendo il ricorso all’aborto. Anzi
Manifestazione pro-life davanti alla Casa Bianca

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Negli Stati Uniti gli aborti sono in aumento. La tendenza non è nuova ma colpisce perché si registra nel Paese che, a giugno 2022, è stato scosso dalla sentenza della Corte Suprema che, dopo aver svuotato di legittimità federale il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza, ha innescato una serie di aggiustamenti normativi che negli Stati a trazione repubblicana lo rendono difficilmente praticabile.
Le rilevazioni del Guttmacher Institute certificano che il numero degli aborti registrati nella prima metà del 2024 ha raggiunto quota 587mila, il 12% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di cifre che, se confermate nel semestre successivo, porteranno a un nuovo record dopo quello segnato nel 2023 quando ne vennero contati oltre un milione.

Le stime preliminari dell’anno appena concluso, confermate anche dalle previsioni dell’associazione pro-choice We Count, hanno quasi sorpreso gli americani, soprattutto quelli che, a destra come a sinistra, avevano attaccato lo storico pronunciamento della Corte bollandolo come un “tragico errore”.
Secondo gli addetti ai lavori la causa di questo inaspettato rialzo va cercata nel ricorso, sempre più massiccio, all’aborto farmacologico che consente di aggirare in parte le restrizioni statali. L’uso combinato delle due pillole che provocano l’interruzione della gravidanza, in genere prescritte per via telematica, è diventato predominante. Alla Ru484 sono riconducibili, questo dicono ancora i dati del Guttmacher Institute, i due terzi dei casi totali; prima della sentenza “Dobbs v Jackson” erano la metà. Alla luce di questi dati è chiaro che, nell’immediato futuro, le politiche che ne regolano la somministrazione saranno le più delicate (e combattute). Particolarmente complessa è la conciliazione tra gli approcci dei singoli Stati – restrittivi i repubblicani, libertari i democratici – di cui si è già avuto un assaggio. Ha fatto rumore, a dicembre, la citazione in giudizio lanciata dal Texas a carico di un medico di New York per aver inviato per posta la pillola abortiva a una donna residente a Dallas.

I dati sull’interruzione della gravidanza in America confermano che, per il momento, non c’è legge che tenga: l’aborto “fai da te”, che ha preso piede con la Ru486 anche in gran parte dei Paesi occidentali – Europa compresa – è un residuo della cultura pro-choice, che lo assimila a una terapia qualsiasi, difficile ormai da scalfire. Lo Stato di Washington ha lanciato a novembre un progetto pilota, a cui guardano con interesse anche altri governi, per autorizzarne la prescrizione pure in farmacia a un costo di 40 dollari. Hanno imparato a procurarsela anche gli uomini: Stuart Worby, 40 anni, residente a Dereham, nel Regno Unito, è accusato di averla sciolta nel succo d’arancia della compagna, a sua insaputa, per risolvere il “problema” di una bebé in arrivo.

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