«Oltre al convegno parigino del 2 febbraio in calendario all’Assemblea Nazionale, altri eventi imminenti sono previsti non solo in Francia sul tema della maternità surrogata, come quello dell’associazione «Université des femmes», a Bruxelles, il 19 gennaio. Sono spesso organizzati da donne che come noi hanno voglia di dire: adesso basta, non siamo delle schiave». La giurista Marie-Anne Frison-Roche, docente presso il prestigioso Istituto di studi politici di Parigi (
Sciences Po), è nota a livello internazionale come teorica del diritto della regolazione. Ma da anni, aderendo alle femministe di Corp («Collettivo per il rispetto della persona»), ha dato anche vigorosamente voce al movimento abolizionista che vorrebbe veder scomparire l’utero in affitto su scala planetaria. Poche personalità in Europa hanno uno sguardo altrettanto lucido sull’ampiezza e il cinismo raggiunti dal sistema globale di sfruttamento: «Bisogna comprendere che stiamo difendendo non solo singole donne ma l’umanità intera. Siamo di fronte a imprese che considerano gli esseri umani come un mercato la cui materia prima non costa quasi nulla. Produrre bambini costa un’inezia ma genera una fortuna. E siamo solo all’inizio».
Quando prendono posizione nel dibattito, le voci possibiliste continuano a minimizzare la portata economica del fenomeno. Cosa ne pensa? «Si tratta invece essenzialmente di una questione di quattrini. La svolta è giunta negli Stati Uniti, proprio quando le imprese hanno cominciato a intuire la massa di soldi promessi da questo filone. Sfruttare delle donne, sottrarre loro i bambini partoriti e venderli a persone spesso intimamente ferite dal fatto di non avere figli non rappresenta di certo una novità nella storia dell’umanità. Ma attraverso le nuove agenzie d’intermediazione il fenomeno si è via via organizzato come un vero mercato. Emerge così un sistema che crea il desiderio di bambini, lo esaspera, trasformandolo in diritto al figlio. In un certo senso, siamo tutti vittime, comprese le persone che fanno ricorso al sistema. È lecito temere l’ora in cui assisteremo alla produzione industriale di esseri umani. Rischiamo di vedere le persone divenire cose, esseri umani pronti a essere consumati da altri esseri umani. Credo che siamo giunti a un bivio storico».
Lei evoca le rivendicazioni di un presunto diritto al figlio. Da giurista, come lo considera?«Attraverso un’autentica sofistica, fondata pure su una raffinata tecnicizzazione del diritto internazionale privato e del diritto sulla filiazione, quello giuridica sta divenendo in effetti uno strumento per sostenere, caso dopo caso, questo sistema. Come giurista sono particolarmente inquieta, perché attraverso il diritto è stato possibile in passato costruire pure sistemi totalitari. Anche per questo, l’emendamento contro la maternità surrogata recentemente votato dal Parlamento europeo è estremamente importante. Il diritto dovrebbe ribadire un no fermo e chiaro, come quello pronunciato già nel 1991 dalla Corte di Cassazione francese, semplicemente perché il corpo della donna non è sul mercato e i bambini non sono beni accessibili».
Come si prepara alle «Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata», previste il 2 febbraio al Parlamento di Parigi, su iniziativa anche di Corp?«Con la consapevolezza che si tratta di un evento estremamente importante, essendo il frutto di una convergenza fra società civile e mondo politico. L’evento vuole denunciare la maternità surrogata come pratica in fase di sistematizzazione. Si esprimeranno associazioni accomunate da un rifiuto assoluto. Vogliamo far comprendere che non si tratta affatto di una questione minore ma di una minaccia assoluta per l’umanità di ogni persona. Ribadiremo che ogni persona è al contempo unica ma dotata di diritti identici agli altri. Dovrebbe essere evidente, trattandosi del contenuto del primo articolo della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1789, ma oggi il mercato dice esattamente il contrario. Per il mercato l’uguaglianza delle donne oggi sembra ridursi all’eguale capacità riproduttiva e all’intercambiabilità di chi può contribuire a generare figli».
I fondamenti dell’iniziativa saranno dunque innanzitutto giuridici?«Sì. Ad esempio, non intendiamo evocare l’idea religiosa che la vita è in sé sacra ma si partirà dalla constatazione giuridica che gli esseri umani vengono "reificati" da questa pratica, diventano cose. È in gioco la frontiera fra persone e oggetti. Proprio per questo, rivendichiamo un no assoluto alla pratica, senza possibilità d’introdurre eccezioni o casistiche ad hoc. Tutte le associazioni presenti considerano in particolare le donne come persone libere, mentre la maternità surrogata rappresenta esattamente il contrario, producendo una forma di schiavitù. A livello politico, Laurence Dumont, vicepresidente dell’Assemblea nazionale, intende difendere il fatto che le donne non sono schiave».