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Cecilia Sala durante la registrazione di uno dei suoi podcast - Ansa
È al nono giorno in cella d’isolamento nel famigerato carcere di Evin. Senza che contro di lei sia stata formalizzata alcuna accusa. Cecilia Sala, 29 anni, giornalista della podcast company Chora Media, avrebbe dovuto lasciare l’Iran la mattina del 20 dicembre ma il 19 è stata arrestata. Era arrivata a Teheran otto giorni prima, con regolare visto giornalistico.
«Ha cominciato a fare le sue interviste – ricostruisce Mario Calabresi, direttore e cofondatore di Chora Media –. Tre puntate del podcast (Stories, ndr) sono già uscite e aveva materiale per realizzarne altre. Quando ci aspettavamo che inviasse la nuova puntata, il suo telefono è rimasto muto. Abbiamo verificato che non aveva preso l’aereo e non aveva neanche fatto il check-in. Con la famiglia e il compagno Daniele Raineri (giornalista del Post, ndr), abbiamo avvisato l’unità di crisi della Farnesina». Nel pomeriggio di quel venerdì è arrivato il primo segnale. In una breve telefonata, la giornalista ha letto un messaggio autorizzato. Quando la madre le ha chiesto dove fosse e perché fosse stata arrestata, si è limitata a ripetere «non posso». «Da quel momento – riferisce Calabresi – abbiamo tenuto tutti i giorni i contatti con la Farnesina e Palazzo Chigi, mantenendo il patto del silenzio con la speranza che potesse permettere una liberazione più veloce». Ieri la notizia è stata ufficializzata dalla Farnesina.
Una seconda telefonata, a genitori e compagno, è arrivata il 26 dicembre. «Sala ha detto di stare bene e di non essere ferita – ha riferito Il Post –. È possibile che abbia dovuto leggere un testo, perché ha usato espressioni che non suonano naturali in italiano. Non le è stato permesso di dare altre informazioni». Nel podcast inviato dall’Iran, «aveva raccontato storie sul patriarcato nel Paese e sulla comica iraniana Zeinab Musavi, arrestata dal regime per gli sketch di uno dei suoi personaggi. Aveva parlato anche con Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie che per quasi mezzo secolo aveva contribuito a creare l’estesa rete di milizie filoiraniane operanti in mezzo Medio Oriente», aggiunge Il Post.
Ieri la giornalista ha ricevuto la visita dell’ambasciatrice Paola Amadei, che l’avrebbe abbracciata. Sono state avviate le procedure per farle avere generi di conforto e prodotti per l’igiene. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel chiedere massimo riserbo, ha confermato che il governo sta lavorando per riportarla in Italia. Anche la Commissione europea «segue da vicino» il caso, ha fatto sapere il portavoce dell'esecutivo Ue responsabile per la Politica estera, Anouar El Anouni, senza aggiungere altri commenti a tutela della riservatezza dei contatti diplomatici. A Bruxelles il caso è considerato particolarmente «sensibile» data la sua connessione con Teheran.
Per Claudio Cerasa, direttore del Foglio, giornale con il quale Sala collabora, «l’Iran fa pressione sui governi stranieri facendo quello che da anni fa il regime russo: arrestare illegalmente cittadini stranieri». «L’Iran è uno dei peggiori posti al mondo dove essere giornalisti – ricorda –: l’Indice della libertà di stampa, pubblicato da Reporters Without Borders, nel 2024 lo classifica al 176esimo posto su 180 Paesi esaminati. Dal 2022, quando è iniziata la protesta “Donna, vita, libertà”, sono stati arrestati 79 giornalisti». Una nota di Chora Media ricorda che Sala «si trovava in Iran per fare il suo lavoro con la professionalità che tutti le riconoscono. La sua voce è stata silenziata e l’Italia e l’Europa non possono tollerare questo arresto arbitrario». Nello stesso carcere di Evin era stata rinchiusa per 45 giorni la blogger Alessia Piperno, arrestata a Teheran il 28 settembre 2022 e rilasciata il 10 novembre. Rivolgendosi a Sala, ha scritto su Instagram: «Sono con te, seduta a terra, in quella cella dalle pareti bianche».
Autrice di diversi libri, tra cui L’incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan, Sala ha numerose esperienze come reporter da zone di crisi o di guerra: Venezuela, Sudan, la presa di Kabul da parte dei taleban, Ucraina. Dall’Iran aveva già raccontato, in passato, storie di ragazze che rifiutano il velo e sognano di poter vivere liberamente. Nell’ultimo podcast, pubblicato il 16 dicembre, parlava della nuova legge iraniana sull’hijab con la 21enne Diba. Titolo: «Una conversazione sul patriarcato a Teheran». Ma spunta anche un’altra ipotesi: il 16 dicembre era stato arrestato a Malpensa un iraniano che gli Stati Uniti accusano di acquistare componenti per droni kamikaze. Washington ne ha chiesto l’estradizione. E Teheran potrebbe voler chiedere uno scambio.