lunedì 27 maggio 2024
Adottata la direttiva che aggiunge lo sfruttamento della maternità per altri, il matrimonio forzato e l'adozione illegale come forma di sfruttamento contemplato dalla legge anti-tratta
Una riunione del Consiglio dell'Ue

Una riunione del Consiglio dell'Ue - IMAGOECONOMICA

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Lo sfruttamento delle donne per la maternità surrogata è diventato un reato europeo. Il passaggio definitivo è arrivato oggi con il sì del Consiglio dell'Ue a una direttiva che recepisce un analogo provvedimento approvato dal Parlamento Europeo nella sua ultima seduta plenaria, il 24 aprile scorso. In pratica, si aggiungono tre fattispecie - lo sfruttamento della maternità surrogata, il matrimonio forzato e l'adozione illegale - alle forme di sfruttamento contemplate dalla legge dell'Ue anti-tratta.

La modifica - ha spiega il Consiglio - riflette la gravità, la prevalenza e la rilevanza di queste forme di sfruttamento.

In pratica, chi consapevolmente sfrutta una donna - che in questo caso rientra nella categoria di vittima della tratta - per portare a termine una gravidanza per altri, commette un reato e va incontro a «sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive». I nuovi tipi di sfruttamento saranno punibili con una pena massima di almeno 5 anni di reclusione, e del doppio in caso di reato aggravato. Le aggravanti sono ad esempio gli effetti amplificanti della diffusione di materiale di sfruttamento, come la diffusione di contenuti video di natura sessuale che coinvolgono la vittima.

La nuova legge rafforza anche le misure di prevenzione, di sostegno e di assistenza alle vittime.

La direttiva sulla tratta degli esseri umani risale al 2011. Ora è stata modificata per lasciar spazio a tre nuove fattispecie di reato. L’articolo 3 della direttiva, in particolare, viene sostituito da un nuovo testo in cui si legge: «Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, compreso l’accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi, lo sfruttamento della maternità surrogata, del matrimonio forzato o dell’adozione».

Il riferimento alla surrogata è una chiara novità. Un traguardo a metà: non è la surrogata tout court ad essere colpita - del resto la pratica è consentita in diversi Paesi europei - ma esclusivamente il suo "sfruttamento", così come il matrimonio forzato o l’adozione illegale.

Nella parte esplicativa del testo approvato, si parla infatti di «tratta a fini di sfruttamento della maternità surrogata», avvertendo inoltre che «la presente direttiva pone l’accento su coloro che costringono e convincono con l’inganno le donne a prestarsi come madri surrogate».

Quanto al concetto di "sfruttamento", è l'articolo 1 a spiegare che è necessario che ci sia «il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di persone», «con la minaccia dell’uso o con l’uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o della posizione di vulnerabilità».

Se la surrogata, ovviamente nei Paesi dove questa è legale, viene praticata da una donna pienamente informata e di sua libera volontà non c’è traffico. Questo nuovo testo non imporrà ai Paesi di vietarla, a meno che non si tratti di casi di sfruttamento provati e documentati. Solo specificando con rigore questo punto, del resto, è stato possibile per l'Europarlamento, a fine aprile, approvare il testo. Una messa al bando generale non avrebbe mai trovato sostegno sufficiente né in Parlamento, né tra gli Stati membri. In ogni caso, è almeno un passo in avanti, anche se la via verso un divieto universale è ancora lunga e difficoltosa.

Molte inchieste giornalistiche, del resto, hanno dimostrato che in alcuni Paese, soprattutto extra Ue come la Georgia e l'Ucraina, le donne che mettono a disposizione il proprio utero pe runa maternità surrogata sono scelte tra le più povere e vulnerabili. Forse non ci sono tutti gli elementi perché queste situazioni ricadino nella fattispecie di "sfruttamento" stabilita dall'Europarlamento prima e dal Consiglio delle Ue, ora. Ma di certo nel concreto, non si può parlare di scelta libera e autonoma.



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