Ma perché ogni volta che si parla del «concepito» – come nel disegno di legge leghista che ne prevede l’adottabilità – si scatena il putiferio? A leggere molte dichiarazioni tonanti, sale il sospetto che chi esterna in realtà ne sappia davvero poco. Proviamo allora a dare un volto alla vita umana prenatale, a rigor di scienza e di diritto.
Per capirci meglio, tutti. L’embrione, spiega Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, è «un’entità biologica unica e irripetibile ». Molteplici evidenze scientifiche, aggiunge Corrado Terranova, ginecologo ricercatore dell’Università Campus bio-medico di Roma dimostrano che «nel momento in cui i due pronuclei maschili e femminili si uniscono e si fondono con un processo di singamia si viene a creare un nuovo essere vivente, un nuovo corredo genetico unico, il quale si modificherà durante il suo sviluppo ma non modificherà mai la sua sostanza».
Studi condotti insieme a Vittoradolfo Tambone, ordinario di Medicina legale e bioetica, e Roberto Angioli, ordinario di Ginecologia e ostetricia, hanno evidenziato «la morfologia dell’embrione come realtà unica», con «i geni che regolano lo sviluppo dell’embrione tipico della prospettiva che si ha solo nell’essere vivente. È evidente – sottolinea Terra- nova – come abbiamo di fronte un essere unico, vivente e umano. Stiamo pubblicando un articolo scientifico che evidenzia inoltre come questo essere vivente sia non passivo ma in grado di avere una relazione con la madre attraverso complesse connessioni».
Un celebre studio di Helen Pearson su Nature, ricorda Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice perinatale al Policlinico Gemelli di Roma, afferma che «nei minuti e nelle ore dopo la fusione dello spermatozoo con l’ovocita si stabilisce il luogo dove si formeranno la testa e i piedi, il lato del dorso e quello dell’addome». Diversi dati «della letteratura più accreditata definiscono l’embrione non solo nella sua identità genetica umana (46 cromosomi), ma come un protagonista biologico relazionato che prepara l’impianto insieme alla madre. Nello scambio di messaggi biologici c’è la dimostrazione che sin dai primi attimi tutto è relazione». Il nascituro si può definire dunque «un protagonista biologico, in simbiosi con la madre, un paziente da poter curare come un adulto». E ciò che la scienza afferma il diritto tutela.
Per Andrea Nicolussi, che all’Università Cattolica è professore di Diritto civile ed è esperto di diritto della famiglia e dei minori, «sebbene sembri paradossale, proprio la tutela della vita del concepito è principio espresso dall’articolo 1 della stessa legge 194». Un testo nato tentando una «mediazione» tra le istanze della gestante e i diritti del feto, uno strumento orientato anche «verso l’idea di aiutare la madre in situazioni difficili».
Lo afferma l’articolo 2, quando prevede che i consultori devono contribuire «a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza». Così, precisa il docente, «se si legge il testo della proposta di legge sull’adozione del nascituro non si trova nulla che tolga qualcosa alle donne: semmai, essa offre un sostegno in più alla possibilità di scelta della madre che non ritenendosi pronta o in grado di assumere direttamente la responsabilità genitoriale può prendere in considerazione anche l’ipotesi dell’adozione».
Nicolussi ha anche fatto parte di una commissione ministeriale costituita per studiare il destino degli embrioni soprannumerari, sede nella quale si era ventilata l’ipotesi di aprire all’adozione prenatale. La sfida, ora come allora, è ancora quella che traspare nella 194: bilanciare diritti potenzialmente in contrasto tra loro, da un lato quello alla vita dell’embrione e dall’altro «la volontà della donna di non costituire un rapporto genitoriale con il figlio». Ed è proprio questo contemperamento tra valori fondamentali che si sta consolidando sempre più come criterio orientativo di importanti pronunce, prime tra tutte quelle della Corte Costituzionale. Senza dimenticare che il titolo della 194, prima ancora di annunciare «l’interruzione volontaria della gravidanza», dichiara di disciplinare «la tutela sociale della maternità».