Il parere del Cnb sull’obiezione di coscienza non affronta specificamente il tema dell’aborto. Ma in una postilla aggiunta al documento redatta da Assuntina Morresi, docente di Chimica fisica all’Università di Perugia e componente del Comitato, sulla base dei dati del ministero della Salute, si evidenzia come non esiste nessuna correlazione fra numero di obiettori e i tempi di attesa per l’interruzione volontaria della gravidanza. «In alcune regioni infatti all’aumentare degli obiettori di coscienza diminuiscono i tempi di attesa delle donne, e, viceversa – scrive la studiosa – in altre regioni al diminuire del numero di obiettori aumentino i tempi di attesa, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare». Nel Lazio infatti la percentuale dei ginecologi obiettori del 2006 al 2009 è salita dal 77,7 al 80,2% e i tempi di attesa sono diminuiti (aumentano dal 47,8 al 54% le donne che aspettano "poco", meno di 14 giorni, e calano dal 17,2 al 13,3% quelle che aspettano "molto" da 22 a 28 giorni). Un andamento analogo si ha in Piemonte. In Umbria gli obiettori, invece, calano in tre anni dal 70,2 al 63,3%, ma le donne che aspettano "poco" diminuiscono dal 51 al 40%, e quelle che aspettano "molto" aumentano dal 13,3% al 19. In Lombardia accade lo stesso. In complesso in Italia gli obiettori aumentano dal 69,2 al 70,7% e anche le donne che aspettano meno crescono di percentuale dal 56,7 al 59,3%. Ciò si spiega col fatto che già oggi è possibile per l’organizzazione sanitaria attuare forme di mobilità del personale e di reclutamento differenziato, ad hoc. «Eventuali forme di reclutamento a tempo indeterminato – osserva la componente del Cnb – riservate a non obiettori, quindi, ammesso che la normativa le consenta, non potrebbero garantire il servizio, in quanto non potrebbero obbligare un medico o un operatore sanitario, assunto in quanto non obiettore, a rimanere per sempre tale». D’altra parte sono anche alcune delle organizzazioni che contestano le modalità di attuazione dell’obiezione di coscienza per la 194 a confermare che il problema è innanzitutto organizzativo. In una recente conferenza stampa sulla situazione in Lazio, infatti, la Laiga (Libera Associazione Italiana dei Ginecologi per l’applicazione della legge 194) ha dichiarato fra l’altro: «Con il ricorso a medici convenzionati esterni e medici a gettone l’obiezione scende all’84%, dato comunque più grave dell’80,2% riferito dal ministro della Salute, che non considera nella sua relazione il fatto che una parte dei non obiettori in realtà non esegue l’interruzione volontaria della gravidanza».