È difficile camminare sulle uova, staremo a vedere come finirà la telenovela. Alla fine a cedere a Bologna è la giunta Merola: le parole "padre" e "madre" non verranno cancellate dalla modulistica dei servizi educativi scolastici. Il capogruppo del Partito democratico a Palazzo D’Accursio, Francesco Critelli, il "pontiere" che ha provato a chiudere la falla aperta tra partito e primo cittadino, lo ha annunciato ieri in una nota. Si darà mandato ai tecnici di «modificare gli attuali moduli dando ai singoli utenti la possibilità di riconoscersi nella definizione preferita, senza cancellare "padre" e "madre" dove sono presenti».Il gruppo del Pd, recita la nota, «condivide le dichiarazioni dell’assessore Pillati, tese a non adottare da parte dell’amministrazione comportamenti discriminatori». «Ribadiamo – scrive ancora Critelli – che l’amministrazione sta lavorando con l’obiettivo di tutelare tutte le famiglie e di contrastare ogni forma di discriminazione, diretta o indiretta, nell’accesso ai servizi comunali». Per questo «riteniamo opportuno che i tecnici predispongano nuovi moduli che, senza modificare o cancellare termini già esistenti, contengano le opportune voci tese a rappresentare i diversi modelli familiari, in coerenza con quanto il Comune di Bologna compie da diversi anni in materia di contrasto a tutte le forme di discriminazione». Ieri era tutto tranquillo nei palazzi della politica cittadini, un silenzio quasi sospetto. Il clima, dopo la decisione presa dall’assessore alla scuola Marilena Pillati, area Pd, di modificare i moduli di iscrizione ai nidi comunali, togliendo i termini «madre» e «padre», e sostituendoli con il generico «genitore», era molto imbarazzato. A partire dal partito di maggioranza, il Pd, che non aveva nascosto le sue perplessità. Il segretario Raffaele Donini fin da subito aveva tentato di smorzare i toni: «La solita bagarre alla bolognese – aveva dichiarato –. Ci sarà pure un modo di evitare discriminazioni senza togliere "padre" e "madre"». Il suo capogruppo, Francesco Critelli, l’aveva soccorso senza esitazioni: «C’è ancora spazio per una riflessione. Cercheremo un dialogo con la giunta». E un altro collega, Benedetto Zacchiroli, aveva eluso qualunque domanda ripetendo che «è una mera decisione burocratica, esistono altre priorità».L’unico disposto a scambiare qualche parola è stato Tommaso Petrella, consigliere comunale: «Quando le cose vengono fatte con accordi politici precostituiti succede sempre così – si sfoga –. E per forza creano una situazione imbarazzante perché giustamente i cittadini ci chiedono se non abbiamo nulla di più urgente da discutere tra di noi se non la modulistica dei nidi». Una scelta improvvisata che potrebbe essere il sacrificio necessario per chiudere definitivamente altre diatribe nate tra Sel e il partito di maggioranza. Alla fine comunque, secondo Petrella, «ha prevalso il buonsenso e la ragionevolezza. Siamo dei pubblici amministratori e non vogliamo discriminare nessuno. Ci rendiamo conto che esistono altri tipi di esperienza familiare ma non per questo dobbiamo penalizzare quella naturale». «Abbiamo subito un ricatto da parte degli alleati di governo, ossessionati da questa questione delle sessualità e delle coppie omosessuali».