Manifestazione contro la legalizzazione dell'eutanasia davanti al Parlamento di Lisbona
Mentre centinaia di cattolici e di rappresentanti dei movimenti a sostegno della vita protestavano fuori, il Parlamento portoghese ha dato il via libera alla legalizzazione dell’eutanasia. Nel corso della discussione sprint, cominciata nel pomeriggio e durata 4 ore, un deputato per gruppo ha difeso le 5 proposte di legge presentate da socialisti, Bloque de Esquerda (Be), Verdi, animalisti del Pan e dal deputato liberale. Per poi dare il passo agli interventi dei partiti contrari.
E se nel 2018 la legalizzazione non passò per soli 5 voti dei conservatori del Psd e del Partito comunista (Pcp), i difensori – in maggioranza nell’emiciclo dopo le elezioni di ottobre – hanno approvato i testi, a cominciare da quello socialista del premier Antonio Costa, che ha ottenuto 127 voti dei 222 deputati presenti. Ora passeranno in commissione per essere integrati ed emendati, e poi tornare alla Camera per il voto finale. Ieri come due anni fa, i socialisti del Ps così come i conservatori del Psd hanno lasciato libertà di voto ai propri deputati. E se per i primi «la depenalizzazione non significa liberalizzazione», per i secondi rappresenta «un sinistro passo indietro della civiltà». I Verdi hanno difeso la propria proposta come «l’unica che prevede la morte assistita a carico del sistema sanitario nazionale, per evitare eventuali ansie di business». L’industria dell’eutanasia contro cui hanno messo in guardia i comunisti, per i quali «la morte non è un diritto».
Sullo stesso fronte dei contrari, i movimenti pro vita, la Chiesa cattolica e i leader delle altre confessioni religiose sperano di convogliare su un referendum di iniziativa popolare le 60mila firme – già a quota 40mila – necessarie per bloccare l’iter legislativo. A differenza della vicina Spagna, dove il 70% è a favore dell’eutanasia, in Portogallo l’opinione pubblica è divisa. Il 50,5% è a favore, secondo un recente sondaggio dell’istituto Universitario Egaz Moniz, mentre oltre il 25% è contrario e il restante 23,9% è indeciso. Complessivamente il 63,7% preferisce comunque che la decisione sia presa con una consultazione pubblica. Per i promotori, l’idea non è vincere il referendum, ma far decadere la legge per mancanza del quorum del 50%.
Come già avvenne per la legalizzazione dell’aborto, che fu sottoposta a verifica popolare in due occasioni, nel 1998 e nel 2007, registrò una partecipazione del 32% e del 44. Ma se raggiungesse le adesioni, il plebiscito dovrebbe essere approvato in Aula, dove si sono detti a favore solo i democristiani del Cds e la destra di Chega.