«L’irragionevole esultanza per il tentativo di abrogare il comma dell’art. 9 che non consente il parto in anonimato quando è stato fatto ricorso alla fecondazione artificiale nasconde il profondo odio di alcuni ambienti contro la legge 40», afferma Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita.
« È un odio rivolto in particolare all’ispirazione di fondo della legge che è il riconoscimento dell’embrione umano come soggetto di diritto. Un riconoscimento che è insopportabile per quella che Giovanni Paolo II ha chiamato “cultura della morte”.
«Anche il comma che si tenta di cancellare si muove in questa direzione. Il parto in anonimato vuol dare un’alternativa all’aborto alla donna che abbia tenuta nascosta la gravidanza o comunque non voglia farla conoscere e che per questa ragione sia tentata di abortire nell’angoscia di un parto solitario, oltretutto pieno di rischi per lei stessa.
«Ma è una situazione realmente possibile nel caso di fecondazione artificiale, che, per definizione, avviene alla luce del sole con la partecipazione di molte persone, con la redazione di una cartella clinica e con una conseguente gravidanza fortemente desiderata? Che senso ha in questi casi il parto in anonimato? L’art. 9 della legge 40 ha lo scopo di proteggere il figlio anche quando esso è stato concepito in violazione della legge e cioè mediante fecondazione eterologa. In tal caso egli è considerato legittimo nonostante la violazione della legge da parte dei genitori. Ecco perché il primo comma del medesimo articolo (che peraltro non è toccato da questa ventata abrogazionista) vieta l’azione di disconoscimento della paternità o maternità in deroga alle regole generali del Codice civile.
«Ancora una volta si tratta di rispetto nei confronti del bambino» conclude Casini. «Ma per i nemici della legge 40 va bene attaccarsi a tutto per colpirla di dritto o di rovescio».