giovedì 20 giugno 2024
Il primo Festival del network associativo “Ditelo sui tetti” ha messo a confronto diretto intellettuali, politici e i cardinali Parolin e Zuppi sulle sfide antropologiche che stiamo affrontando
Un momento della due giorni di "Ditelo sui tetti"

Un momento della due giorni di "Ditelo sui tetti"

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L’uomo nelle sue relazioni sociali e nel suo rapporto con la religione. E ancora, nel suo legame con l’innovazione tecnologica e medica, con l’etica, la tradizione e la cultura. Esistono mille sfaccettature dell’essere umano che si muove dentro la complessità del mondo attuale. Ma, in un contesto storico che muta e si trasforma, nel “cambio d’epoca” in cui ci troviamo e che è stato descritto più volte da papa Francesco, oggi siamo i figli di quale uomo, esattamente? E di quale essere umano possiamo parlare, in questa società? Sono alcune delle questioni antropologiche che sono state al centro dei numerosi dibattiti il 18 e 19 giugno nel primo Festival dell’”Umano tutto intero”, evento organizzato a Roma dal network “Ditelo sui tetti”, rete di circa cento associazioni che da alcuni anni riflette ed esprime giudizi sul profilo e il ruolo dell’umano oggi e sulla stessa concezione dell’uomo. Per farlo cura due agende, una italiana e una europea, in cui pone obiettivi ed esprime la sua visione del mondo.

Il Festival è stato un momento di dialogo e confronto in cui si è parlato di senso della vita, di morte, di fede, di scelte, di bioetica e biopolitica. Il tutto grazie al contributo di esponenti della politica, della Chiesa, di professori universitari e studiosi. Un dibattito oggi necessario visto il momento di crisi profonda dell’umanità: guerre, epidemie, crisi economiche, inverno demografico, alterazione profonda delle relazioni sociali. Per effetto di tutto questo stanno cambiando anche gli assetti normativi e istituzionali, i riferimenti etici e culturali a cui le persone tentano di adattarsi. Quel che è emerso a Roma è che soprattutto a causa della tecnologia e del progresso ormai da tempo si aspira a creare l’uomo perfetto, una sorta di superuomo. Ma l’uomo in sé è fatto di limiti, come ha ricordato a margine dell’evento il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei: «La vita è fatta di fragilità e di imperfezioni ed è anche per questo che è bella. Ai giovani dico di non ricercare la perfezione perché non esiste». E sulla crisi d’identità che vive l’essere umano ha osservato che «siamo in una situazione in cui sono aumentate la povertà cronica, la disoccupazione, l’esclusione. I sintomi di questo malessere generale si esprimono nell’aumento del gioco d’azzardo e dell’usura. La Chiesa cerca di fare la sua parte per promuovere l’integrazione, il lavoro giusto, ed evitare questi fenomeni».

Poi, durante la sua relazione, ha sottolineato che «il problema della vita e dell’uomo non riguarda solo i cattolici ma tutti. L’idea di superuomo si scontra con la morte, le fragilità, le malattie. Siamo solo all’inizio di un periodo di “antropologia digitale”, che modifica quotidianamente le nostre relazioni sociali». Relazioni sociali profondamente mutate, dunque, così come il nostro stile di vita e la capacità di riflettere e scoprire sé stessi. Le cause sono molteplici, come ha evidenziato il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin: « Della questione antropologica si parla da secoli, ma negli ultimi anni si è perso interesse per le domande sull’uomo, sulla sua natura. Un “disinteresse antropologico” che si deve al progresso ma anche alla paura di scoprire sé stessi e le proprie fragilità ». La svolta poteva arrivare con la pandemia, che «doveva richiamarci a uno stile di vita più semplice, meno frenetico – ha aggiunto Parolin –, con più profondità e qualità, ma questo non è avvenuto, e io credo che in questo contesto difficile serva più che mai riflettere sull’uomo, come abbiamo fatto in questo Festival».

Si è parlato anche dell’importanza della vita umana come valore assoluto, dei problemi legati al calo delle nascite e dei metodi alternativi per generare bambini, come la maternità surrogata. Temi indissolubilmente legati alle nuove tecnologie e alla nuova concezione di uomo e donna, secondo la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella: «Una svolta c’è stata con la nascita nel 1978 di Louise Brown, prima bambina concepita in provetta. Da lì si è pensato che l’uomo possa essere senza limiti e modificabile. Ricordo però l’importanza del ruolo delle mamme, del fatto che secondo natura nasciamo tutti dal corpo di una donna, perché è ciò che ci accomuna e ci rende uguali. Questo aspetto piano piano lo stiamo distruggendo per via delle nuove filosofie. Bisogna tornare a dar valore alla natalità e impedire pratiche come la maternità surrogata che minano la dignità delle donne.

La questione antropologica – ha concluso la ministra – è complessa e non va appiattita sul piano ideologico». Il Festival ha toccato inevitabilmente anche il rapporto tra essere umano e politica. Il senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha letto un messaggio del ministro degli Esteri Antonio Tajani in cui si ricorda «l’impegno del governo nella difesa dei valori come la scuola e la famiglia», sempre con una visione “uomo-centrica”. Dello stesso avviso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, secondo il quale l’Italia « costituisce un’eccezione dal punto di vista antropologico rispetto ad altri Paesi, perché guarda sempre con attenzione agli altri popoli e li sostiene con un approccio costruttivo», come accade con il Piano Mattei per l’Africa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Uno dei dibattiti nel programma del Festival di “Ditelo sui tetti” ieri a Roma Zuppi ieri al Festival Mantovano e Parolin

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