La vicenda inglese e le sue implicazioni etiche si innestano puntualmente nel dibattito in corso nel nostro Paese sull’approvazione del disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento. «Con l’approvazione della legge non sarebbe assolutamente possibile che quanto accaduto in Inghilterra possa ripetersi in Italia», assicura il senatore Raffaele Calabrò (Pdl), che del provvedimento ancora all’esame di Palazzo Madama è relatore, e tiene a fugare le possibili connessioni negative con il «protocollo di Liverpool».
Quali sono i meccanismi del disegno di legge che impediranno gli abusi?«Anzitutto sono diversi i presupposti: noi facciamo riferimento allo stato vegetativo, che non coincide con il fine vita. Parliamo di pazienti che entrano in uno stato di gravissima disabilità, ma non sono assolutamente in condizione di terminalità. Lo scopo di questa legge è proprio quello di non togliere la vita a chi ha perso la coscienza, ma non le proprie funzioni vitali».
Non ci sono possibilità di derive ambigue su questi punti?«Nella legge viene dato rilievo e valore a due fattori: la volontà della persona che definisce la propria terapia in caso di sopraggiunta incoscienza e la professionalità del medico, cercando di ricreare il dialogo tra i due. Inoltre non ci si affida a linee guida asettiche e prestabilite, in cui il paziente verrebbe ridotto a un questionario da crocettare, ma alla valutazione clinica dei sanitari in ordine all’attualità della situazione».
A che punto è l’iter della legge? Il capogruppo del Pdl al Senato Gasparri lunedì ha dichiarato che chiederà la calendarizzazione in Aula.«Ho chiesto che il ddl venga riproposto in Commissione Sanità dalla prossima settimana, e sarà all’ordine del giorno di martedì. Se la conferenza dei capigruppo deciderà di seguire l’appello dei 160 senatori che hanno firmato un appello trasversale e che al Senato rappresentano una maggioranza chiara decisa a discutere e votare questa legge sarà possibile portare il confronto direttamente in Aula».