martedì 10 dicembre 2013
Dal Congo l'appello delle 26 famiglie italiane: «Un atto umanitario in vista del Natale». Avviata una raccolta di firme in Internet, che ha già superato le 4mila adesioni.
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«Vorremmo che le nostre famiglie possano festeggiare insieme ai loro bambini le imminenti festività natalizie finalmente a casa»: gli enti italiani che si occupano di adozioni dal Congo hanno inviato una lettera al Papa, nella quale chiedono a Francesco «un atto umanitario in vista del prossimo Santo Natale». Contemporaneamente, è stata avviata una raccolta firme in Internet, arrivando in poche ore a più di 4mila adesioni in calce a un appello ai ministri Bonino (Esteri) e Kyenge (Integrazione). La vicenda è quella delle 26 famiglie adottive italiane che, pur avendo compiuto le regolari procedure di adozione di bambini congolesi, sono da diverse settimane bloccate nella Repubblica Democratica del Congo senza poter portare a casa i figli. E ancora non sanno quando potranno rientrare in Italia.«È difficile stabilire una tempistica – ha detto ieri il ministro Kyenge – anche perché stiamo facendo un lavoro di diplomazia, di dialogo e mediazione con il governo locale cercando di far capire che qui si tratta di un’azione umanitaria. Quindi cercare di mettere davanti a tutto il bene dei bambini». Sulla vicenda è intervenuto anche Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato, in una lettera indirizzata al suo omologo congolose, Jean Claude Mokeni. «La decisione assunta dalla Repubblica democratica del Congo di sospendere le pratiche di adozioni internazionali – si legge – risponde all’esigenza, che senz’altro condividiamo, di verificare l’assoluta regolarità delle procedure, in nome del superiore interesse dei bambini coinvolti. Sappiamo bene che si tratta di una decisione di carattere generale. Tuttavia l’Italia, con oltre 400 adozioni dal 2009 a oggi, è tra i Paesi più colpiti e confidiamo dunque che l’interruzione possa essere la più breve possibile. Nell’immediato, però, suscita una grande preoccupazione la situazione delle 26 coppie italiane che da più di un mese sono in attesa dell’autorizzazione a tornare in Italia con i bambini a essi già abbinati. Ogni ulteriore ritardo rischia di provocare gravi ripercussioni di carattere emotivo soprattutto per i bambini».
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