La Corte europea dei diritti dell'uomo ha deciso la sospensione della sentenza del Consiglio di Stato francese che autorizza l'interruzione delle cure per il tetraplegico Vincent
Lambert, per esaminare il ricorsopresentato dalla famiglia. La Corte pone inoltre il divieto di spostare l'uomo dall'ospedale in cui è ricoverato. Secondo Le Figaro, il divieto di trasferire Lambert dall'ospedale di Reims risponde al timore dei genitori che la moglie, favorevole allo stop alle cure, decida il suo trasferimento nel vicino Belgio, dove l'eutanasia è legale. Vincent Lambert vive da anni in ospedale grazie a una sonda, ma secondo un verdetto del Consiglio di Stato, martedì, prodigargli ancora cibo e cure non rappresenta più un dovere medico elementare, bensì un caso di «ostinazione irragionevole». Nei fatti il verdetto avrebbe potuto tradursi in una sentenza di morte, se non fosse intervenuta tempestivamente la Corte europea. Per i 17 giudici riuniti in collegio speciale, il caso del trentanovenne tetraplegico ricoverato a Reims rientra fra quelli contemplati dalla Legge Leonetti sul fine vita, varata nel 2005 da un’impressionante maggioranza parlamentare bipartisan riunita attorno a un duplice principio di ferro da allora mai venuto meno: un no assoluto all’eutanasia attiva, rimasta un grave reato penale, accanto a un necessario e chiaro sbarramento all’accanimento terapeutico «irragionevole» sui malati terminali. L'intervento della Corte europea blocca per il momento il distacco della sonda che nutre Vincent, vittima quasi 6 anni fa di un grave incidente stradale. Sono stati i genitori del paziente, che in nome della vita si battono contro il nosocomio di Reims sostenuto dalla moglie di Vincent, ad adire all’ultimo ricorso a loro disposizione, quello appunto presso la Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo. La decisione del Consiglio di Stato comunque ha spaccato in due la Francia, dove tante voci denunciano uno strappo all’insegna dell’eutanasia attiva. «Siamo di fronte a un atto omicida, ma, dato che il verbo uccidere è ripugnante, ci viene detto che non si trattava davvero di una vita e che di conseguenza stroncarla non equivale ad uccidere», ha commentato Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondazione Jérôme-Lejeune sulle malattie dell’intelligenza. Da più parti, si ricorda che Vincent non è in fin di vita, ma in uno stato di pesantissimo handicap. In proposito, fra le testimonianze contro l’eutanasia delle ultime ore, c’era pure quella molto toccante del tetraplegico Philippe Pozzo di Borgo, la cui storia ha ispirato il film di grande successo «Quasi amici». Circa 1.700 pazienti in Francia si trovano in una situazione considerata paragonabile a quella di Vincent e cresce il timore che il verdetto possa segnare una svolta sul piano della giurisprudenza, ma pure nell’atteggiamento del mondo ospedaliero. Tenendo conto probabilmente di questo clima, il Consiglio di Stato ha voluto sottolineare ieri i criteri specifici del proprio verdetto: lo stato vegetativo del paziente, in presenza di «lesioni cerebrali molto gravi e irreversibili» attestate dall’ultima perizia affidata a tre neurologi, accanto alla presunta ostilità di Vincent verso gli stati vegetativi, ricostruita retrospettivamente a partire da vecchie conversazioni. Ma quest’inferenza è fra i punti che continuano a dilaniare la famiglia Lambert.In parallelo, sempre ieri, la Corte d’Assise di Pau ha richiesto 5 anni di carcere per il dottor Nicolas Bonnemaison, che rischiava l’ergastolo per l’«avvelenamento» di 7 pazienti in un processo che da mesi ha infiammato a sua volta il dibattito bioetico. Fra gli applausi del fronte pro-eutanasia e i rinnovati timori delle associazioni di difesa della vita, anche l’Eliseo ha appena creato un gruppo di riflessione in vista di un’evoluzione legislativa giudicata sempre più probabile.