lunedì 24 settembre 2012
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​Accade di sentir argomentare che sarebbe meglio riporre nel cassetto la legge sul «fine vita» perché è un argomento troppo delicato per farne oggetto di una decisione frettolosa, perdipiù in una fase convulsa come l’incipiente campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Meglio rimandare alla prossima legislatura, in altre parole, piuttosto che legiferare di corsa e male su una materia tanto controversa, rischiando di farne oggetto – come anche è stato detto – di "strumentalizzazioni".Parole che non tengono conto della realtà. Se c’è un disegno di legge sul quale si è svolta un’autentica esercitazione di democrazia applicata è certamente quello sulle «Dichiarazioni anticipate di trattamento», giunto dopo oltre 4 anni e due letture delle Camere sul ciglio del voto finale. Di qui alcuni – sconfitti nelle votazioni in aula e in commissione sul testo in discussione – vorrebbero ovviamente ricacciarlo indietro.Il progetto per giungere a una legge sulle scelte di fine vita – impropriamente definito sul «testamento biologico», quando l’espressione e il concetto invece non vi compaiono mai – è stato infatti uno dei primi elaborati dalle nuove Camere dopo le politiche della primavera 2008. Le prime bozze sono datate aprile, l’assegnazione alla Commissione Sanità del Senato è di settembre. Una discussione ampia e serrata, che giunse ad accorpare in un solo testo numerose proposte, esaminate, confrontate, discusse, votate ed emendate fino al voto dell’aula di Palazzo Madama il 26 marzo 2009 con 150 sì, 123 no e 3 astenuti e una maggioranza trasversale che raccoglie voti anche nelle file del Pd.L’8 luglio il testo venne affidato alla Commissione Affari Sociali della Camera, che lo sottopose a un esame approfondito e documentato (numerose anche le audizioni di esperti, medici e associazioni): occorsero 20 mesi per approvare un articolato sottoposto a tre giorni di aspro confronto in aula (7-9 marzo) e approvato il 13 luglio 2011 con 278 favorevoli, 205 contrari, 7 astenuti, e una maggioranza che nuovamente raccolse consensi bipartisan. Le numerose modifiche apportate a Montecitorio hanno reso necessario un secondo passaggio al Senato: il terzo esame della legge è partito poco più di un anno fa, il 13 settembre, ancora in Commissione Sanità. Alcune sedute con dibattiti e audizioni non sono state però sufficienti a giungere al voto sulle novità del ddl, il cui iter si è fermato per la crisi di governo, in autunno. Da allora giace in attesa che si trovi la volontà politica per arrivare al voto finale, compimento di un iter democraticamente esemplare. Sono trascorsi quattro anni e mezzo e decine di sedute di commissioni e aule. Altro che "frettolosità".
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