sabato 6 ottobre 2012
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Ha scelto di dedicarsi ai malati di Sla con passione e impegno. Da quasi 30 anni, Aisla (l’Associazione italiana malati di Sla) lavora sul campo per sostenere concretamente pazienti e famiglie. Domenica 7 ottobre, Giornata nazionale dedicata alla Sla, l’associazione scende in oltre 100 piazze per raccogliere fondi a favore di un progetto di counselling genetico. «I malati di Sla sono la ragione del nostro esistere», spiega Gabriella Manera, che dopo la morte del marito è diventata volontaria e oggi è anche segretaria generale di Aisla.Cosa significa vivere accanto a un malato di Sla?Per me, è stata dura. Sono passati tanti anni, ma il ricordo è vivo: è come uno tsunami che si abbatte su tutta la famiglia. Si sta bene e a un certo punto arriva questa cosa ingestibile che ti cambia la vita. È questa la sensazione viva, la stessa che ritrovo nelle persone che incontro e che mi aiuta ad avere empatia nei loro confronti. In che modo la Sla cambia la vita di una persona e della sua famiglia?Quando una persona si ammala non riesce a muovere le gambe e le braccia, spesso ha difficoltà di respirazione e di articolazione delle parole. Inizialmente non si capisce cosa sta succedendo e si va alla ricerca delle strade più giuste per curarsi. Il malato si sente in colpa e la famiglia non sa come aiutarlo. Non si fa più una vita regolare, si dorme poco. Ciò che ricordo, personalmente, è una grande stanchezza, di tutti. Cosa fa concretamente Aisla?Innanzitutto informazione: sul nostro sito è disponibile l’elenco aggiornato dei centri medici e di ciò che si fa per la Sla. Ci occupiamo di formazione con convegni e corsi professionali per assistenti familiari. Portiamo avanti la ricerca attraverso Arisla e poi facciamo assistenza in alcuni centri dove il malato viene preso in carico dalla A alla Z e dove può essere curato senza essere obbligato a chiedere ciò che ha diritto ad avere. Lei è anche coordinatrice delle 60 sezioni territoriali. Quale quadro emerge?Ci sono ovvie differenze. Se la famiglia è solida, regge. In generale, la situazione è più complessa se è la donna ad ammalarsi. Nei casi di persone sole poi, nonostante la solidarietà, si creano grosse criticità. A questo si aggiungono problemi legati al luogo in cui si abita, alle condizioni economiche, così come le disparità tra regioni e Asl diverse. A volte si sente dire che la vita fragile è una non-vita. L’impegno di Aisla dimostra invece la volontà di non lasciare solo chi vive la sofferenza.L’Italia ha sottoscritto la convenzione Onu sui diritti dei disabili: ci siamo posti cioè in un’ottica di comprensione. Ogni tanto però qualcuno alza la voce per dire che i malati pesano. Ecco perché bisogna interagire con le istituzioni perché si facciano carico di ciò che gli spetta. Sulla carta c’è tutto, peccato che non sempre venga realizzato.  Fino al 14 ottobre è possibile donare 2 o 5 euro con un Sms o una chiamata al 45505.
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