Il silenzio in genere è d’oro. Qualche volta, invece, assorda più di un comizio in piazza. Più delle dichiarazioni dettate dal segretario del secondo partito italiano (per alcuni oggi virtualmente il primo), forti e rumoreggianti quanto le molte, immediate repliche di altri leader. L’altro ieri nel giro di quattro minuti (dalle 17,40 alle 17,49) le agenzie di stampa riportano le parole di Pier Luigi Bersani a proposito della legge sulle Dat. Nel volgere di poche ore piovono risposte, puntualmente rilanciate dalle agenzie. A cominciare da quella (seccamente contraria alla volontà bersaniana di affossare la legge) di Pier Ferdinando Casini, leader di un partito che – secondo alcuni – alla prossima tornata elettorale potrebbe allearsi proprio col Pd. Insomma, botte e risposte che sono notizia e anche ghiotta. Se non altro per i giornali "d’area", come "l’Unità" ed "Europa". Ieri mattina, al contrario, il silenzio: quotidiani (a parte "Il Manifesto") e telegiornali si erano persi le agenzie. Come pure durante alcune rassegne stampa sul piccolo schermo, della prima pagina di "Avvenire" veniva ignorata l’"apertura" proprio sulla legge sulle Dat e le parole del segretario Pd. Eppure qualcuno poi ieri, fuori dal mondo dell’informazione, non si era perso quanto accaduto il giorno prima. Da una parte con Carlo Costalli, presidente del Mcl: «Strumentalizza le Dat solo chi pone veti all’approvazione». E dall’altra Nichi Vendola a testa bassa: «Basta con questa appropriazione della morale da parte di una confessione religiosa». Insomma, il silenzio è quasi sempre d’oro e qualche volta assordante. Ma altre sa di precisa strategia politico-mediatica...