L’ex ministro della Sanità, Mariapia Garavaglia, senatrice del Pd, si dice pienamente d’accordo con la disponibilità manifestata dai capigruppo di Pdl e Udc a Palazzo Madama di chiedere alla conferenza dei capigruppo di fissare nel calendario dell’aula il dibattito e l’approvazione finale del disegno di legge sulle «Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento» (Dat). «La strada della richiesta dei capigruppo è la via più giusta per mettere all’ordine del giorno un provvedimento», osserva la senatrice del Pd.
Perché c’è bisogno di una legge subito?Anche se io personalmente non redigerò le Dat – del resto per il ddl le dichiarazioni sono facoltative –, una legge che regoli questa materia è necessaria. È stata una sentenza della magistratura a imporci, purtroppo, un sentiero stretto in una materia che altrimenti avrebbe potuto continuare a essere regolata dalla relazione tra paziente, familiari e coscienza professionale del medico.
Si riferisce alla sentenza che ha dato il via alla sospensione di alimentazione ed idratazione ad Eluana Englaro?Certo. In quel caso i giudici si sono sostituiti alla deontologia medica, decidendo in un senso completamente opposto a quello indicato dalla coscienza professionale di un operatore sanitario. È stata una scelta ideologica che ha fatto alzare steccati in campo bioetico.
Qualcuno confonde la somministrazione di idratazione e alimentazione con l’accanimento terapeutico...C’è una grande diversità. Una cosa è il rifiuto dell’accanimento terapeutico, la scelta di morire naturalmente accompagnati, anche secondo quanto prevede la legge 38 del 2010 sulle cure e la terapia del dolore. E una cosa del tutto diversa sono le manovre con cui si vuole interrompere la vita degli stati vegetativi, persone vive anche se in una condizione di handicap. Non c’è dubbio che le manovre che si fanno per interrompere una vita, che è sempre degna di essere vissuta anche in queste condizioni, devono essere proibite.
Lei si richiamava alla coscienza professionale del medico: non è proprio l’elemento caratterizzante del ddl, che rimette alla sua valutazione l’attuazione delle Dat?Infatti l’ultima cosa che vorrei è una legge che portasse a una burocratizzazione di questo momento cruciale della vita, a una via per scaricare la coscienza da parte delle persone che tradizionalmente hanno accompagnato il malato in questa fase così delicata: familiari e medico curante.
Attraverso di lei arriva un incoraggiamento all’approvazione della legge. Che dunque parte dal gruppo del Pd al Senato...Nel nostro gruppo c’è libertà di coscienza, un orientamento che deve essere rispettato su temi così cruciali come la vita e la morte delle persone. Non sono temi che possono entrare in un programma di partito o in una alleanza di governo.