FRancesco D'Agostino (1946-2022) - Foto Siciliani
D’Agostino è una persona che ha “lasciato una traccia” in ogni percorso che ha intrapreso, accademicamente, istituzionalmente e socialmente. Il rettore della Lumsa Francesco Bonini, e il direttore del Dipartimento Claudio Giannotti lo hanno ricordato il 24 ottobre come uno dei “padri fondatori” del corso di laurea in Giurisprudenza nell’ateneo romano, oltre che del corso di Filosofia del diritto e di Biogiuridica. L’occasione è stata importante anche per fare il punto sul contributo intellettuale di un maestro della bioetica come D’Agostino, morto il 4 maggio scorso. Gli interrogativi emergenti dalla tecno-scienza continuano a ritmo crescente, ma quali sono le risposte? Come si può, da cattolici, rispondere a quesiti complessi, in una società secolarizzata e pluralista? Molte le voci che si sono confrontate sull’argomento e che hanno messo in luce aspetti diversi del suo contributo. La sua era una bioetica che non si esauriva nella descrizione “dossografica” delle diverse posizioni esistenti: Lorenzo d’Avack, presidente dell’ultimo mandato del Comitato nazionale per la Bioetica (2018-2022), ne ricorda la sua intenzione “prescrittiva”, alla ricerca di elementi di condivisione che potessero indicare raccomandazioni per il biodiritto. Ne è un esempio il suo forte impegno per il primato della dignità umana, riconosciuta in ogni essere umano in ogni fase di sviluppo, a fronte delle pretese di manipolazione delle tecnologie, soprattutto verso chi è debole. La bioetica di D’Agostino era una bioetica non riduzionistica, ha sottolineato Salvatore Amato (ordinario di filosofia del diritto a Catania), ricordando i suoi primi interventi da filosofo sul diritto e la corporeità, che mettevano in luce i pericoli del “somatismo”, la riduzione del corpo a oggetto, sempre più evidenti a fronte dei desideri emergenti in una società che crede che i desideri, quali i desideri riproduttivi, il desiderio di morire, siano anche e subito diritti individuali da esigere. La bioetica di D’Agostino voleva essere una bioetica “critica”, come ha evidenziato Luisella Battaglia, presidente dell’Istituto italiano di Bioetica, che non pretende dogmaticamente di imporre una verità assoluta, e nemmeno rinuncia scetticamente alla verità, ma intende ricercare attraverso l’interpretazione e anche l’immaginazione, un’analisi razionale. L’analisi razionale ha sempre consentito a D’Agostino – ha ricordato Alberto Gambino, prorettore dell’Università europea di Roma) – di argomentare in modo lucido la distinzione tra il “normativo” (diritto positivo) e il “giuridico” (il significato intrinseco del diritto), non sempre sovrapponibili, evidenziando l’esigenza che i giuristi oggi sappiano identificare l’ingiustizia nelle leggi oltre la correttezza formale. Paola Binetti, già senatrice, ha messo in luce la profonda e leale disponibilità a contribuire alla biopolitica di D’Agostino: senza essere un politico, era sempre disponibile a discutere con chi doveva trattare le questioni bioetiche, spesso divisive, per aiutare a comprendere e a interpretare, per illuminare percorsi. D’Agostino è stato un cattolico, con competenze teologiche, che sempre ha posto al centro l’esigenza della razionalità “laica” segnando un contributo importante, ha ricordato Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea, nella storia della bioetica cattolica italiana, segnata anche da momenti di disorientamento. La sua bioetica “cattolica” e “laica” al tempo stesso, era sempre attenta all’analisi dei fatti empirici nell’ascolto delle visioni contrapposte, al fine di verificare la consistenza della propria posizione, nella ricerca della verità, ha evidenziato monsignor Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita. Un approccio sempre dialogico, che ha saputo conciliare la dialettica sul piano teoretico con la relazionalità incarnata sul piano umano interpersonale: Stefano Semplici, ordinario di Etica sociale a Tor Vergata, ne ha ricordato la inesauribile disponibilità a discutere, appassionatamente, anche e forse soprattutto con chi non la pensava come lui. Discussioni che preferivano concentrarsi sui fondamenti, ha ricordato Fabio Macioce, ordinario di Filosofia del diritto alla Lumsa, pur senza togliere attenzione ai temi concreti. Le discussioni di D’Agostino sono anche documentate su Avvenire, nei tanti editoriali, incisivi e insostituibili, sui temi più complessi e delicati, come ha sottolineato Francesco Ognibene, coordinatore delle pagine di è vita. D’Agostino è stato un maestro che ci ha insegnato che la bioetica deve sempre essere elaborata con metodo rigoroso e argomentativo, capace di divulgare. Anche in questo ha anticipato una esigenza sempre più forte oggi: che la bioetica entri a pieno titolo nel dibattito pubblico. E la presenza di tanti studenti di filosofia del diritto, attenti, nel ricordo a lui dedicato alla Lumsa, è stato un segno tangibile della “traccia” che sta lasciando anche ora.
L'autrice è ordinario di Filosofia del diritto alla Lumsa di Roma